domenica 7 agosto 2022

Estate delle saghe familiari (parte 2): La sciagura di chiamarsi Skrake

Fino a Piccoli suicidi tra amici (che è divertente esattamente come il titolo lascia supporre) non conoscevo la casa editrice Iperborea, che invece è nota agli intenditori di narrativa meno commerciale.


E in effetti non avevo esperienze di letteratura nordica, non potendo contare il deludente Lo stretto del lupo -poiché il suo autore è francese- incontrato quando cominciai a cercare gialli provenienti dalle latitudini maggiori, ma senza cominciare dai nativi Larsson o Lackberg. Approfittando di una promozione che regalava una bella shopper della casa editrice milanese mi procurai, visto l'impatto conflittuale con i thriller ambientati sopra il 55° Nord, titoli che puntassero verso la comicità o l'avventura e scelsi tre autori: Arto Paasilinna, Bjorn Larsson e Kjell Westo.

Sono stata attratta come una calamita dal titolo La sciagura di chiamarsi Skrake non appena ci ho posato sopra gli occhi. E anche dalla seconda di copertina, che prometteva personaggi memorabili e vicende fuori dall'ordinario.

La promessa è stata mantenuta.




Sebbene l'avvio sia stato veramente lento e per le prime trenta pagine non sapessi che cosa aspettarmi (temevo sarebbe stato uno di quei libri super riflessivi in cui non ci sono fatti, ma solo speculazioni sulla vita mai vissuta), dal capitolo Minnet, che è rimasto il mio preferito, finalmente il libro ha ingranato e la trama è andata raccontandosi in modo più chiaro, svelandosi a poco a poco. Il ritmo è rimasto molto lento, ma scorrevole. L'autore si è preso tutto il suo tempo per dare luogo a una storia che pare reale. È vivida, si materializza sotto gli occhi come un film. Ho apprezzato questo dettaglio, che ha consentito di rendere i personaggi sfaccettati, precisi, percepibili, quasi in 3D. Anche io sono stata molto più lenta a leggerlo, in principio perché temporeggiavo, temendo qualcosa di sconclusionato o noioso, in seguito perché ho assecondato il ritmo della vicenda, che ripercorre un lungo arco narrativo: dalle origini degli avi, dei nonni, dei bis-zii alle disavventure del protagonista, passando per i travagli dei genitori, occupando questi -insieme all'infanzia del personaggio principale- il primo "libro", mentre l'adolescenza e la vita adulta sono trattate nel secondo. Temo di averci messo lo stesso numero di giorni a leggere le prime 30 pagine e le restanti 470, ma una volta superato il primo scoglio non riuscivo a staccare gli occhi dalla lettura.

Le vicende prendono tantissimo e le scorgiamo poco per volta: magari sono inizialmente accennate e lasciate in sospeso e poi riprese, senza alla fine trascurare nessuna promessa di racconto, senza lasciare il lettore con dubbi o segreti irrisolti.

Persino il più misterioso e meno trattato personaggio della dinastia Skrake, il nonno Bruno, svela una parte del mistero che lo avvolge circa i suoi trascorsi nelle guerre proprio sul finire del romanzo. Zio Leo è tratteggiato come un grande sognatore, insegnante visionario per l'epoca in cui vive, figura dolcissima e magica. Il protagonista è meglio delineato da bambino piuttosto che da adulto e la sua storia si perde un po' nel racconto di quello dei genitori e nel cogliere l'essenza della madre Vera, ma soprattutto del padre Werner, pescatore, scrittore, lanciatore di martello, eccezionalmente raccontato. Trovo che sia la storia di quest'ultimo che intriga maggiormente. È a lui che capitano le più straordinarie situazioni, probabilmente anche per gli hobby se non insoliti, per lo meno particolari cui si dedica con trasporto; è alle sue vicende che è dato maggiormente spazio nel testo, per esplicitare bene quanto il suo "metcy", la sua sfortuna, sia profondamente radicata, quasi che il Fato abbia destinato quest'uomo solo a una serie di strabilianti e persino comici (proprio all'apice della tragedia) fallimenti, rendendolo assolutamente indimenticabile. Di conseguenza è questo il personaggio meglio descritto, quello più vivo, ed è stato inevitabile innamorarsi perdutamente non dell'uomo, ma del personaggio Werner. Sull'apice della caduta del nostro eroe e su molti altri eventi succosi (per quanto mi riguarda lo svolgersi del matrimonio tra Vera e Werner era una delle linee narrative che più mi interessavano), costantemente l'autore annuncia ma rimanda il racconto per innumerevoli pagine, adescando il lettore e trascinandolo in un senso di attesa per quel qualcosa di grosso che sappiamo sta per arrivare (o speriamo almeno che accadrà). La narrazione infatti segue un ordine cronologico di base, ma saltella anche tra i vari periodi seguendo il filo dei pensieri e della memoria del narratore protagonista.

Cosa mi è piaciuto: prosa fluida, personaggi bellissimi e costruiti magnificamente fino a percepirli in 3D (+++ Werner ❤), legami tra i personaggi appassionanti fino allo struggente, vicende curiose e stravaganti

Cosa non mi è piaciuto: la prima trentina di pagine, noiosette e lentissime

Giudizio: ⭐⭐⭐⭐ 1/2