Poi mi domandano perché non leggo la narrativa mistery scritta nel mio paese...
Miss Bee è esemplificativa in questo.
Alice Basso e Alessia Gazzola sono autrici prolifiche e apprezzate nello Stivale per la loro penna e i loro costrutti polizieschi, ma mentre con la prima avevo avuto esperienza con la serie della gosthwriter, che ho già stroncato su questo blog per la protagonista odiosa, la dubbia risoluzione delle indagini mediante intuizioni e il logoro meccanismo del triangolo amoroso al centro del quale sta l'investigatrice in erba, non mi ero ancora scontrata con Gazzola.
Ho rimediato.
Se queste autrici rappresentano il meglio che la letteratura commerciale crime ha da offrire in questo paese, poveri noi.
Attirata dalle prime recensioni positive lette, dalla copertina deliziosa e dall'accostamento del genere giallo cozy (quanto mai in auge in questo momento) al romance sbarazzino alla Bridgerton (idem come per il suddetto giallo cozy e non credo che il riferimento all'ape sia casuale, anche se il periodo storico è quello di Downton Abbey), mi sono fatta regalare per Natale questo romanzo.
Le prime pagine rivelano subito una scrittura prolissa, didascalica fino alla nausea (e per me il giudizio sulla penna di Gazzola era già formato). La protagonista della serie, Beatrice Bernabò, è una ventenne borghese fiorentina trapiantata a Londra per motivi familiari e politici del padre (siamo negli anni Venti del Novecento). Secondogenita geniale ma incompresa (allo studio preferisce fare paralumi) ha una cotta per il vicino di casa, Christopher (Kit). A una delle innumerevoli cene aristocratiche indette dalla madre di Kit salta fuori il morto (cause naturali? omicidio? incidente finito male -cosa che manderebbe in bestia un lettore di gialli...lo dico così, per dire-?).
A questo punto Beatrice comincia a fare cose, fondamentalmente lagnarsi dei suoi problemi e farsi affascinare dagli uomini (e dalle donne), attività importante perché il suo metodo nel risolvere crimini si basa sostanzialmente nel chiedere agli spasimanti "Mi dite com'è andata? Grazie, gentilissimi."
Questa totale mancanza di rispetto per il lettore di gialli è il motivo principale del mio astio nei confronti del romanzo: lunghi spiegoni dei personaggi e intuizioni della detective dilettante, senza indizi, senza interrogatori che mettano alla luce incongruenze rivelate dai sospetti, senza sostanzialmente nessun talento del segugio. Peggio ancora, il lettore di gialli individua subito il più marchiano errore commesso da tutti gli investigatori, ufficiali e non, di questa storia (ed è subito Dicker), vanificando quello che forse era il tentativo di plot twist dell'autrice, anzi aspettandola proprio al varco: non considerare tutti i presenti alla cena dei sospetti e focalizzare arbitrariamente i sospetti solo su alcuni.
Il terzo motivo è il triangolo amoroso: non ne posso più di questo espediente narrativo per agganciare il malcapitato lettore alla serialità. In questo preciso caso non si tratta neppure di un triangolo, ma di un quadrato!!! E non conto la breve virata LGBTQ solo perché, per ragioni storico-sociali, non dovrebbe dare origine a un corteggiamento, altrimenti ci troveremmo di fronte a un pentagono.
I personaggi sono approfonditi pochissimo: dalla protagonista ai personaggi minori dei familiari (sorelle, padre, etc).
Bee è contraddistinta principalmente dal suo status sentimentale ed è il classico prototipo moderno di ragazza che non si arrende di fronte alla società maschilista che vuole decidere per lei, ma è un ritratto senza spessore. I due spasimanti maschili che hanno maggior spazio sono pressoché identici: all'apparenza cattivi ragazzi, sotto sotto nascondono dei buoni sentimenti. Il visconte Julian è anche il mezzo per tirare in ballo le difficoltà dell'antica nobiltà inglese di far fronte alle tenute sempre meno redditizie dopo la Grande Guerra. Il livello di approfondimento è tale (così come per qualunque altro tema sociale) che credo l'argomento compaia solo per fare riferimento a Downton Abbey.
Non è stato ancora presentato come corteggiatore ufficiale l'ispettore Archer, ma la scrittrice ci ha già cominciato a girare intorno e un lettore anche minimamente avvezzo a queste dinamiche (e io forse lo sono anche meno) annusa subito l'aria che tira (e si rende anche subito conto di quale è l'estrazione sociale dei vari membri del poligono, di quale è il vero bravo ragazzo e può indovinare fin da subito come andrà a finire).
Giudizio: visto come un mero romance sarebbe quasi passabile, ma la scrittura è comunque approssimativa e pigra, con personaggi piatti, dinamiche abbastanza trite e prevedibili; come giallo è semplicemente inqualificabile (impensabile accostarci il nome di Agatha Christie, nemmeno per la pubblicità). ⭐⭐