lunedì 22 maggio 2023

Due belle storie noir: Carlotto e Hammett

 Forse è il mio genere, la mia zona di comfort o semplicemente mi sono imbattuta in due autori eccezionalmente bravi partecipando alla sfida dei Sette libri in sette giorni versione primaverile, ma ho avuto la fortuna di leggere due opere ben scritte e coinvolgenti. 

Questi due testi li avevo in casa ed erano entrambi abbastanza brevi da guadagnarsi un posto nell'elenco stilato per affrontare questa sfida abbastanza impegnativa (l'ultima volta è stata proprio dura e non l'ho completata).

Tra l'altro il primo titolo dovevo affrontarlo anche per la Sfida dello scaffale strabordante, poiché si trova sulla mia libreria dal 2019.

Fu l'ultima edizione del Cesenatico Noir prima dello scoppio della pandemia e io e mia sorella assistemmo nel piccolo teatro di Cesenatico a un paio di serate in cui furono ospiti Carlo Lucarelli, Chiara Moscardelli, Ilaria Tuti e Massimo Carlotto, che raccontavano le loro ultime uscite editoriali da cui erano tratte alcune letture. Alla fine della serata c'era anche un piccolo momento di firmacopie. Mia sorella ne approfitto per farsi fare una dedica su Fiori sopra l'inferno, mentre io mi feci autografare Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane. Il brano che ne era stato tratto quella sera mi parve scritto veramente bene e devo dire che, adesso che finalmente mi sono decisa a recuperarlo, il romanzo non ha deluso le mie aspettative.

Chiaramente l'acquisto al festival romagnolo fu dettato dall'impulso del momento e ho scoperto solo successivamente la storia giudiziaria dello scrittore e che il volume che avevo scelto era il settimo e all'epoca (ma anche tuttora) ultimo libro di una saga composta da ben sette libri, che hanno per protagonista l'Alligatore, Marco Buratti. Nel romanzo che ho letto adesso, al suo fianco sono presenti altri due fuorilegge: Max la Memoria, descritto come molto grasso ma intelligentissimo e Beniamino Rossini, definito ex gangster e che porta al polso una sfilza di bracciali, uno per ogni uomo che ha ucciso.

Arrivando a saga inoltrata da tempo, più di vent'anni, dal 1995, mi sono imbattuta in un mondo già costruito e con vicende già intrecciate a quelle del passato. I protagonisti si inquadrano bene caratterialmente, ma, tranne gli accenni lasciati nel testo, non ne conosco i retroscena e ho un po' faticato a capire esattamente cosa facevano. Dalle parole che il protagonista scambia con un altro personaggio, dovrebbero essere ex galeotti che si guadagnano da vivere come detective privati un po' scalcagnati e persino più loschi di Philip Marlowe, anche se con lui condividono alcuni princìpi e il gusto per l'alcol, le sigarette e le donne. Ho idea che Carlotto volesse che un po' somigliassero ai tipi portati sullo schermo da Bogart.

"Sono un investigatore privato senza licenza. Mi occupo di indagini non autorizzate e il denaro che guadagno raramente ha una provenienza lecita."

Per di più gli ultimi tre libri dei sette che compongono la saga dell'Alligatore contengono dei crossover con un'altra serie dello stesso scrittore, quella di Giorgio Pellegrini, che sembra essere un altro criminale, meno in vista di loro e che non si è mai fatto prendere fino (credo) al romanzo precedente a questo, quando sembra che il trio di protagonisti lo abbia incastrato.

La trama di Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane riparte da qui: Pellegrini è in fuga, ma vuole tornare a essere un cittadino pulito, così si fa coinvolgere in un'operazione sotto copertura guidata da una Vicequestore del Ministero dell'Interno; per vendicarsi del trio che lo ha ostacolato convince la poliziotta a incastrare anche loro e un'ispettore di polizia di Padova che li aveva aiutati (sempre nel precedente libro immagino). I tre si ritrovano dunque a destreggiarsi tra Polizia e malavitosi di associazioni oltre confine in una giostra di scambi di posizione, soppesando le forze e le mosse per riuscire a far collimare il salvarsi la pelle col mantenere i propri punti d'onore.

L'anima di questi uomini, infatti, risponde ai loro ideali romantici di lealtà, senso di protezione verso i più deboli, quasi come dei Robin Hood che fanno la guerra ai prepotenti, ai mafiosi, agli spacciatori, ai papponi, per tutelare i poveri, le donne, gli indifesi. Sono un misto tra i tre moschettieri e i Guardiani della galassia. L'espressione cuori fuorilegge riassume bene questo concetto e anche la risposta di un loro conoscente, uno come loro, un ladro, a cui chiedono una mano sapendo che rischiano di metterlo nei guai:

"Non sarebbe dignitoso da parte mia abbandonarvi in questo momento. Siamo sempre stati fedeli a un'idea di malavita che disprezza questa gente di merda."

E il romanzo è costellato da questi piccoli episodi in cui i personaggi si attengono al loro proprio codice d'onore. Sono criminali, ma con le loro regole e i loro ideali: i perfetti protagonisti di un noir.

Un noir che, oltre ad avere protagonisti con le carte in regola, è scritto benissimo. Mi è piaciuto molto lo stile sciolto e raffinato di Carlotto. In sole duecento pagine condensa molti avvenimenti, molti ribaltamenti di situazione, alternando pure la narrazione che riguarda il trio e quella relativa a Giorgio Pellegrini. Le scene sono brevi e si susseguono in rapida successione: non lascia tempo, è denso di azione, ha un ritmo incalzante e gli stacchi malvolentieri gli occhi di dosso, così corto e saturo da bere in un colpo solo. One shot.

Questo libro mi è piaciuto proprio tanto, ma a tutti i lettori che non hanno mai iniziato la saga mi sento di consigliare di iniziarla dal volume 1 perché, se gli altri romanzi sono scritti come questo, vale sicuramente la pena di leggerli tutti. 

Giudizio: ⭐⭐⭐⭐⭐


Tornando a Humprey Bogart, anche se non ho mai letto Il falcone maltese o gli altri tre racconti in cui compare il detective Sam Spade, che l'attore statunitense interpretò ne Il mistero del falco di John Huston, mi è bastato il racconto minore che ho letto durante questa sfida per comprendere che Dashiell Hammett doveva essere uno scrittore eccezionale. 

Mi imbattei in questo volumetto a una bancarella dell'usato e, sapendo chi era l'autore, malgrado non avessi mai avuto assaggi delle sue abilità, e dato il prezzo irrisorio, me lo portai a casa, ma ho atteso un bel pezzo prima di prenderlo in mano, dicendomi sempre che era così breve che si poteva incastrare in qualunque momento. La sfida dei Sette libri in sette giorni era l'opportunità perfetta.

Donna al buio è un racconto di media lunghezza, tra le 60 e le 70 pagine, che in così poco spazio riesce a restituire non solo le vicende, abbastanza essenziali, ma anche l'ambientazione e a tratteggiare in modo piuttosto preciso i personaggi. 

L'inizio ci scaraventa subito nel bel mezzo dell'azione: una donna in abito da sera, Luise Fisher, sta camminando sola nel buio della notte, quando cade storcendosi la caviglia. Così bussa alla prima porta che trova e le apre un energumeno dal carattere apparentemente mite, Brazil, uscito da poco di galera dopo una condanna per omicidio colposo avvenuto durante una rissa. 

Luise sta scappando dall'uomo a cui apparteneva, Kane Robson, il pezzo grosso della zona, un uomo violento e che gira in compagnia di un pennellone che gli fa da scagnozzo, Conroy. I due uomini bussano a loro volta a casa di Brazil, affittuario di Robson, per riportarsi a casa Luise, ma l'ex galeotto colpisce con un cazzotto Conroy, che cade sbattendo la testa sul camino, e immobilizza Robson. I due uomini se ne vanno, ma dopo poco inizia a circolare la notizia che Conroy sta morendo col cranio fracassato e inizia la fuga di Brazil e Luise.

Sono rimasta sbalordita dall'abilità di Hammett di descrivere con pochi tratti i fatti e le reazioni dei personaggi in maniera quasi cinematografica. Mentre leggevo visualizzavo senza sforzo ambienti e personaggi, come se la storia mi si stesse materializzando davanti. Ero completamente avvinta dall'atmosfera. Anche in questo caso, distogliere gli occhi era fuori discussione. La vicenda prende moltissimo, si finisce a parteggiare per Luise e Brazil nello spazio di pochissime pagine e non riuscivo a capire, avvicinandomi sempre più alla fine, come poteva concludersi in così poco tempo la storia. Ma il finale c'è, fulmineo, spiccio, ma completo, sebbene essenziale. In effetti la storia è proprio suddivisa nelle sue parti classiche: l'avvio della storia, la parte centrale con la fuga e la conclusione.

I personaggi sono descritti soprattutto dalle loro azioni e questo mi è piaciuto molto (e comunque non c'era lo spazio per raccontarli). Luise è decisa, coraggiosa, furba, leale. Avendo pochi mezzi è stata costretta a farsi mantenere da Robson, ma ha accettato quel ruolo per poco. Robson è il classico gangster/spaccone che si avvale dei mezzi che possiede per ottenere quel che vuole senza scrupoli. Brazil ha un'anima pulita, anche se la vita lo ha condotto per sentieri diversi. Gli altri personaggi di contorno sono ambigui, ma a loro modo anche leali con gli amici. Sono tutti personaggi classici del genere noir. Il notevole è stato dare queste caratterizzazioni un pochino più che abbozzate in meno di settanta pagine: questi personaggi sono più sfaccettati di quelli di certi romanzi in cui le pagine erano sufficienti a costruire interi mondi. In questo sta lo straordinario, rendendo evidenti subito la bravura straordinaria di Hammett.

Non mi resta che correre a recuperare Il mistero del falco, che è stato considerato uno dei migliori gialli mai scritti insieme a Il grande sonno di Raymond Chandler (quelli di Marlowe almeno li ho letti). Che dire, evidentemente il noir è il genere definitivo.

Giudizio: ⭐⭐⭐⭐⭐