giovedì 28 settembre 2023

L'estate in cui fiorirono le fragole: un po' troppo melenso

 Ebbene, sono di parte: non mi piacciono né le storie melense, né i romance, così non c'è da stupirsi che appena ho terminato questa lettura, L'estate in cui fiorirono le fragole di Anna Bonacina (Sperling & Kupfer, 274 pagine), mi sono fiondata a leggere storie di assassini.


Copertina e trama riportata sulla sovraccoperta mi avevano fatto sperare in una storia ambientata in un paesino pittoresco, popolato di personaggi eccentrici e di avvenimenti sorprendenti e queste aspettative sono state soddisfatte pienamente: mi sono piaciuti i personaggi, anche se sono abbastanza tagliati con l'accetta, mi sono piaciute le loro vicende, mi è piaciuto Tigliobianco. Non mi è piaciuta tutta la parte della storia d'amore dei due protagonisti: cliché puro, melensaggine da capogiro, frasi trite e ritrite e soprattutto, ma che valori ha questa protagonista/scrittrice?

Priscilla è infatti una scrittrice famosissima di romanzi harmony ferita dalla vita sentimentale che incontra il famoso "Blocco" della pagina bianca e parte per un paesino sperduto per trovare la concentrazione. A parte lo stereotipo della mamma che cerca di trovarle per forza uno spasimante (come se fosse un presupposto necessario e sufficiente per essere realizzati), la descrizione del chirurgo plastico è agghiacciante. Cesare è il classico dongiovanni che non vuole legami e questa caratteristica è restituita come se fosse un aspetto positivo (segue momento di incredulità), salvo poi trovare la scrittrice la donna della sua vita per motivi non definiti e legarsi in modo stabile per qualche ragione ancora meno comprensibile visto che fino a quel momento era sempre fuggito di fronte al profilarsi di un fidanzamento. Il corteggiamento e il fraintendimento con conseguente riparazione tipici di queste storie sono abbastanza scontati e non vedevo l'ora di superare quei capitoli durante la lettura.

Invece le storie di Tigliobianco, paese natale di Cesare e in cui va a rifugiarsi Priscilla, sono graziose, anche se non proprio originalissime: ci sono le anziane che si fanno la guerra da decenni, le pettegole, diversi bambini e adolescenti variamente simpatici, vecchie chiuse in casa, clochard che girano con misteriosi carrelli, ma soprattutto una ricetta scomparsa di una torta alle fragole che fa da pernio per la vicenda.

La scrittura è spesso colloquiale, molto semplice, scorrevole. I personaggi sono abbastanza rigidi, a parte Priscilla e Cesare che oscillano fra diverse inclinazioni del loro carattere: essere assertiva, essere passiva; voler essere una farfalla che svolazza fra molti fiori, desiderare un legame stabile.

Giudizio: complessivamente si legge in modo scorrevole, ma resta un po' pissero e detestabile (almeno per me) nella sua parte melensa ⭐⭐⭐

giovedì 21 settembre 2023

Il lato giallo di Bradbury: Assassino, torna da me!

 Dalla biblioteca di mio nonno, alcuni anni fa, è emersa una raccolta di racconti selezionati da Alfred Hitchcock e intitolata Alfred Hitchcock presenta racconti per le ore piccole.

La sfida che l'eccentrico regista, mio idolo indiscusso nel campo cinematografico, lanciava a editore e lettore - in un'introduzione scritta con il consueto humor - era di riuscire a leggere l'intero malloppo nell'arco di una nottata. Diciannove racconti, due romanzi brevi e uno lungo (oltre seicento pagine) con l'apposita scaletta degli orari di lettura dalle 23.00 alle 05.38 del mattino successivo, addirittura con riportata l'ora esatta con cui tenere il passo in cima alla pagina:

<<...se per caso voi non riuscite a leggere queste pagine secondo l'orario di lettura che a pagina 11 vi suggerisco, per l'amor di Dio, seguite il mio consiglio: chiudete il libro e andate dal dottore. Di corsa.>>

Oltre al divertimento prodotto dal gioco di rispettare i tempi, in questa antologia ci sono molti meritevoli racconti, ma uno in particolare divenne, al termine della lettura, la mia nuova ossessione.


Si tratta di The whole town's sleeping di Ray Bradbury (nella traduzione che avevo a casa si titolava La città dorme, ma nel nuovo volume è stato tradotto Tutta la città dorme, più letteralmente), autore che mi trovavo a leggere per la prima volta in quel momento, senza mai aver affrontato il ben più celebre Fahrenheit 451, cosa che tuttora non ho ancora fatto.

Come raccontato dall'editore americano Hard Case Crime nella prefazione per la raccolta Assassino, torna da me!, portata in Italia da Mondadori, il racconto, pubblicato su McCall’s Magazine nel 1950 ebbe così tanto successo (è rimasto uno dei più noti di Bradbury) da spingere quattro anni più tardi Frederic Dannay del celebre Ellery Queen’s Mistery Magazine (la leggendaria rivista di settore che tuttora pubblica racconti polizieschi dal 1941) a commissionargli un seguito.

Questo seguito, A mezzanotte nel mese di giugno, è stato recentemente pubblicato nella raccolta già menzionata, Assassino, torna da me!, in occasione nel 2020 del centenario della nascita dello scrittore americano.

In precedenza lo stesso editore aveva curato una prima antologia chiamata Omicidi d'annata, che differiva per la selezione di racconti. Le due raccolte sono comunque accomunate dal genere di produzione. Infatti Bradbury non era solo un noto scrittore di fantascienza, ma la sua produzione è vastissima, poiché, come lui stesso dichiarava, per migliorare lo stile era solito scrivere un racconto a settimana e questi racconti spaziavano dal fantastico al weird, dalla fantascienza al poliziesco.

In Assassino, torna da me! (che ho letto come primo libro della nuova Sfida dello Scaffale Strabordante 2023-2024) ci sono prevalentemente racconti di genere poliziesco, ma alcuni spaziano verso il noir o l'hard boiled, incentrandosi su storie di gangster. Altri sono comunque affini alla fantascienza, includendo androidi dotati di intelligenza artificiale tra i personaggi. Altri ancora virano sul weird (e sono infatti presenti nel mio Halloween, raccolta di racconti e romanzi weird di cui avevo parlato in precedenza) o sulla storia da brividi, tra cui il mio preferito, il riuscitissimo Il piccolo assassino. L'autore stesso nella postfazione di Omicidi d'annata, che anche in questa nuova veste segue i racconti (per ovvie ragioni, data la scomparsa avvenuta nel 2012), lo riconosce come suo migliore in ogni campo.

Tutti i racconti sono interessanti, originali, freschi e scritti veramente benissimo. Pochi hanno un'evoluzione scontata: il colpo di scena è sempre dietro l'angolo.

Personalmente ho trovato superiori:

  • Tutta la città dorme (e vorrei dire, naturalmente!). L'ho riletto almeno per la quarta volta e mi lascia sempre strabiliata per com'è descritta la fuga di questa ragazza nel cuore della notte. Il suo finale-non finale lascia immaginare il lettore e quando ho scoperto che ne esisteva un seguito, ho dovuto precipitarmi su questa raccolta. Forse per via delle mie aspettative, non proprio modeste, ho però trovato A mezzanotte nel mese di giugno non del tutto soddisfacente.
  • Il piccolo assassino è un capolavoro da brividi, con ogni colpo di scena più inquietante del precedente.
  • La donna che urla è quasi un racconto per ragazzi e somiglia a La donna nel baule. Mi sono entrambi piaciuti molto col loro approccio morbido sono ideali come apertura della raccolta.
  • “Non sono scemo, io!“ è proprio poliziesco nel senso puro e anche se avevo subodorato il colpo di scena, non di meno mi è piaciuto tantissimo.
  • Dove tutto finisce è anch'esso impostato come detective stories, che me lo ha fatto apprezzare, e ha un'atmosfera molto cupa.
  • Così morì Riabouchinska è più psicologico, sebbene ci sia un detective che indaga su un omicidio misterioso.
  • La città dove nessuno scendeva è un racconto piccolo, ma geniale.
  • Marionette S.p.A. è il mio preferito della serie dei robot intelligenti e mi piacciono molto i colpi di scena che presenta.
Gli altri racconti non sono meno belli, tranne forse i due in stile gangster, scritti comunque superbamente, avvincenti e scorrevoli.

Giudizio: credo che raramente una raccolta possa avere una tale costanza nel livello di scrittura
⭐⭐⭐⭐⭐

lunedì 4 settembre 2023

L'invincibile estate di Liliana Rivera Garza: il ricordo della sorella

Appena sei mesi dopo aver letto lo straziante Laetitia, ovvero la fine degli uomini, nel gruppo di lettura crime Mari Criminali, col quale sto affrontando questo filone letterario, mi sono (e ci siamo) imbattuta in un libro molto simile, una nuova uscita editoriale del 2023: L'invincibile estate di Liliana.


A Città del Messico, il 16 luglio 1990, Liliana Rivera Garza fu assassinata da un suo ex fidanzato, un uomo possessivo e geloso, che mal tollerava la vita condotta dalla sua ex ragazza nel mondo universitario della metropoli.

Un femminicidio.

Oltre trent'anni dopo, la sorella Cristina smuove i ricordi e gli eventi: chiede che l'inchiesta sia riaperta, rompe l'argine del dolore che ammutolisce lei e i suoi genitori e ricostruisce con infinito amore chi era Liliana, cosa le piaceva, cosa l'animava, come amava vestirsi, quali passioni condivideva e con chi.

Come in Laetitia l'obiettivo è ridare corpo e tridimensionalità alla vittima, farla rivivere attraverso le testimonianze dei suoi amici e parenti e tramite le lettere e i biglietti che scriveva in continuazione.

Le somiglianze tra i due libri sono di intenti, le differenze stanno sostanzialmente in due punti:

  • la voce narrante non è di uno sconosciuto che si approccia dall'esterno al mondo della donna uccisa, bensì quello di una delle persone a questa più stretta, la sorella;
  • l'ordine del racconto è profondamente diverso.
Ivan Jablonka è metodico e piuttosto ordinato: su due binari paralleli corrono due distinte ricostruzioni, da un lato il caso di cronaca, dall'altro la vita di Laetitia.
Cristina Rivera Garza è più caotica: il racconto va dove la conduce il cuore, ma da metà romanzo in poi comincia a seguire un ordine cronologico anche lei, almeno per gli ultimi mesi della vita di Liliana: le uscite con gli amici, le frequentazioni, gli studi di architettura, in cui riversava tanta passione, l'ombra del suo passato che incombeva su di lei senza lasciarle totale libertà di movimento.

Il Messico e il suo machismo. Anche un episodio di Criminal Minds (1x19) si incentra su questo aspetto culturale della nazione: ogni vero uomo deve dimostrarsi tale nel senso più retrogrado del termine e ogni donna deve sottometterglisi.
Malgrado le vedute abbastanza aperte dei genitori, che fanno studiare le figlie all'università negli anni Ottanta, Liliana cresce in un paese abbastanza piccolo e si lega a un ragazzo al liceo. Con alti e bassi prosegue con lui una relazione che non si interrompe del tutto neanche quando la ragazza si trasferisce a Città del Messico per studiare architettura. Il legame, però, si sfibra. Liliana conosce un mondo fatto di libertà e indipendenza, conosce amiche e amici nuovi, ragazzi giovani che, a loro volta, studiano, appartengono al suo mondo, mentre Angel è rimasto al paese a lavorare. Pur con difficoltà, Liliana si smarca da questo rapporto che le tarpa le ali e questo segna la sua fine.
La mentalità da padrone del giovane uomo non accetta che Liliana abbia una vita dopo di lui. Paragonandosi a un dio, come ogni assassino nei femminicidi, decide di togliergliela.

Lo stile è scorrevole, ma al contempo nostalgico e trapela tutta la sofferenza e il rammarico di questa sorella che ha perso l'essere amato: un'assenza con cui ha convissuto tutta la vita.

Mi sono piaciuti molto alcuni passi in cui Cristina, citando anche No visible bruises della giornalista americana Rachel Louise Snyder, spiega i meccanismi con cui si instaura la violenza e il circolo vizioso che rende difficile per la vittima svicolarsi dal giogo che la immobilizza. 
Solo per fare un esempio: per quale ragione una donna che sa di essere picchiata o minacciata non si allontana, non fugge, non grida aiuto? Questa è un'accusa che viene spesso rivolta alle vittime dei femminicidi e delle violenze. Anche Liliana si era tenuta Angel non del tutto distante, malgrado volesse lasciarlo o addirittura lo avesse fatto. Snyder paragona l'uomo abusante a una fiera pericolosa e imprevedibile.
"Le vittime restano perché sanno che qualunque movimento improvviso potrebbe provocare l'orso. Restano perché con il tempo sono riuscite a sviluppare alcune strategie capaci di calmare, a volte con successo, il partner furioso: pregano, supplicano, promettono, adulano, dimostrano pubblicamente il proprio affetto per l'aggressore e gli si dimostrano alleate perfino contro le persone - come la polizia o gli avvocati o gli amici o la famiglia - che potrebbero salvare loro la vita. Le donne maltrattate restano perché vedono l'orso che si avvicina. E vogliono vivere."
Un'altra riflessione importante - questo libro ne contiene molte e andrebbe davvero letto e questa analisi-recensione non riuscirà a esaurire gli spunti che fornisce, ma d'altronde l'intento è di incuriosire affinché altri, dopo di me, possano decidere di intraprendere questo "studio" - è quella del senso di colpa dei familiari. La colpa di quanto successo a Liliana finisce, in un paese maschilista come il Messico (e, aggiungerei, come l'Italia), per ricadere sui genitori della ragazza e, più o meno indirettamente, anche sulla stessa vittima.
"Più soli che mai in una città feroce che ci è piombata addosso con le potenti fauci del machismo: se non l'aveste lasciata andare a Città del Messico, se fosse rimasta a casa, se non le aveste dato tanta libertà, se le aveste insegnato a distinguere tra un brav'uomo e uno pessimo."
Ci sono molti altri temi affrontati in questo volume: il senso di colpa di chi resta nel continuare a vivere o, peggio, a godersi la vita; le difficoltà di ottenere giustizia, di far riaprire un caso, di tenere aperte delle indagini in un paese in cui il femminicidio è riconosciuto solo nel 2012 e, dunque, negli anni Novanta non esistevano neppure i termini per definire quanto accaduto; i segnali che possono esserci stati, oppure no, negli ultimi mesi - e non solo - della vita di Liliana; e molto altro.

Un libro interessante e potente, un grande messaggio d'amore e un atto di denuncia:
"Lo buttiamo giù il patriarcato."