lunedì 15 gennaio 2024

Cominciare il 2024 con una challenge di lettura

 Quale modo migliore di iniziare il nuovo anno solare se non con una challenge libresca, ancor meglio se a tema Harry Potter?

Si tratta di fittizi esami magici, quelli che Harry sostiene al quinto anno della scuola di Hogwarts: è la Guforeadathonitalia organizzata sul Bookstagram ormai dal 2019. Per superarli, occorre passare dieci materie, leggendo almeno un libro per due materie. Questa la mia maratona di quest'anno.



Poiché, da questa edizione, contavano anche gli audiolibri, ho ascoltato Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più di Michela Murgia, letto dalla stessa voce dell'autrice. Oltre all'indicibile piacere (e al groppo in gola) di riascoltarla, è stato molto interessante. Non ero digiuna su nessuno dei temi che ha trattato: iniquità; credenze sulle donne; radicate convinzioni sessiste che nel nostro paese costituiscono la norma assoluta, difficili da rimuovere, perché la nostra società ha trascorso così tanto tempo a bagno in questa mentalità, che occorre un lavaggio parecchio profondo per cancellare tanta sporcizia, tanto oscurantismo da bifolchi medioevali, tanto negli uomini, quanto in molte donne. Nondimeno, rinfrescare e approfondire mi ha fatto venire un fegato grosso e ha acceso un gran fuoco, quello che si prova ad ascoltare le ingiustizie.

Le frasi e i contenuti sono collegati l'uno all'altro, per questo un poco il saggio è stato ripetitivo e ha girato un po' in cerchio, ma ha, credo, coperto piuttosto largamente il panorama di frasi a sfondo sessista, che sono rivolte pubblicamente alle donne in contesti di prestigio, di lavoro o anche di perfetta normalità, nei quali tutto si vorrebbe, tranne che essere sminuite, sottovalutate, non credute all'altezza, poiché donne. I commenti beceri; l'essere chiamate senza il proprio titolo accademico, bensì col nome di battesimo; il rifiuto della declinazione al femminile della professione; il cat-calling; il mansplaining; l'essere costantemente ritenute uteri vaganti da fecondare, sulla base di una decisione di qualcun altro, votate solo a diventare madri; il consenso mai chiesto; la differenza di stipendi e molto altro: di tutto questo siamo stanche e non possiamo permetterci di considerare la parità di genere raggiunta.

Murgia ha un lessico ricco e curato, molto efficace e spiega in modo chiaro e limpido i concetti che porta, comprensibile anche per dei bambini, portando anche citazioni pertinenti e precise.

La lettura era perfetta, tra l'altro, per Incantesimi (Crucio: Un libro che ti faccia soffrire per le sue tematiche - amori tossici/igiustizie/drammi) e Difesa contro le arti oscure (Un libro che parli di donne arrabbiate/di lotta contro il patriarcato).

Giudizio: tosto, veleno puro sapendo che queste ingiustizie non sono finite per niente, ma necessario e ben spiegato ⭐⭐⭐ 1/2 

Prestatomi da mia sorella, molto gentilmente (motivo per cui rientrava nella categoria Materializzazione), ho letto anche Horrorstor di Grady Hendrix negli stessi due primi giorni dell'anno in cui ho ascoltato Michela Murgia.

Molto noto per via del suo formato illustrato come se fosse un catalogo Ikea (motivo per cui rientrava nella categoria Cura delle creature magiche - edizioni particolari), il libro è effettivamente ambientato in uno degli store di una catena, Orsk, che sa di essere la brutta copia del marchio svedese di arredamento. Amy è una delle dipendenti, che da pochi mesi è stata trasferita nella sede in cui di notte sembrano capitare strane cose: la mattina i dipendenti ritrovano i mobili distrutti o imbrattati. Quale modo migliore allora per chiarire il mistero, che chiudersi nel negozio dal tramonto all'alba?

Pur non essendo una grande lettrice di horror, o forse proprio per questo, ho trovato la lettura piacevole. Mi ha coinvolta e volevo sapere come andava a finire la vicenda. Mi sono piaciute le vibes, soprattutto iniziali: abbiamo cacciatori di fantasmi e sedute spiritiche. Il finale, sospeso, mi è piaciuto molto.

Forse un briciolino è ripetitivo nel far ripercorrere più volte ai personaggi i corridoi del negozio, ma non mi sono mai annoiata. Mi sono molto piaciute, inoltre, le illustrazioni dei mobili, che subiscono un'evoluzione in parallelo con l'evolversi della storia.

Giudizio: buon romanzo di intrattenimento ⭐⭐⭐⭐

Ho durato molta più fatica nella terza lettura, Giorno di vacanza di Inès Cagnati, letto in quanto mi occorreva un libro per Erbologia (un libro uscito nell'ultimo anno) e per Babbanologia (un libro popolare sui social). In effetti proprio su Instagram ne avevo sentito parlare bene e lo avevo comprato durante l'estate.

Mi è difficile giudicare bene e con oggettività questo testo, perché è il genere di storie che poco destano il mio interesse, ma la scrittura mi è piaciuta abbastanza, senza riuscire tuttavia a coinvolgermi del tutto. Non poche volte, in queste sole 141 pagine, ho avvertito la noia e non sono stata chiamata con insistenza dalla scrittura a proseguire. A un certo punto volevo capire cosa covava sotto, perché te lo domandi abbastanza presto (e io mi ero risposta con due possibilità simili, ma entrambe inesatte). Eppure continuavo a provare stanchezza per la storia, che continua ad inserire episodi su episodi e pare proprio volerla tirare per le lunghe.

La vicenda è quella di Galla, una creatura proveniente dalla miseria più nera, da un ambiente degradato, costellato solo di ignoranza, violenza, cattiverie gratuite. Raccontando di questa domenica in cui torna a casa dal liceo, dove è stata mandata perché aveva attitudine allo studio, in realtà non si riesce a capire bene se è davvero una ragazza intelligente, ma solo spaesata dalla vita di città, a cui si sente e a cui appare estranea, oppure se invece ha qualche problema cognitivo. L'esperienza è stata la stessa nella lettura di Abbiamo sempre vissuto nel castello e di La famiglia Aubrey. Minus o incompresa? Non so rispondere, ma confermo la mia scarsa simpatia per le narrazioni in prima persona, che affaticano il lettore, costretto a domandarsi di continuo se il narratore sta mentendo o se quello che riporta lo vede solo lui o in effetti corrisponde alla realtà. Trovo anche maggiore difficoltà a legarmi e a empatizzare con i protagonisti narratori, costantemente chiedendomi se posso fidarmi delle loro parole, cosa che ho fatto per tutta la lettura in questione. Sarà colpa di Agatha Christie?

In questo romanzo breve, la protagonista torna a casa una domenica, senza avvertire la famiglia, e il racconto ruota intorno a questa visita-non visita. Solo al rientro al liceo, dove alloggia in un dormitorio, ci è svelato lo strano mistero che aleggia per tutte le pagine.

Giudizio: a tratti ho avvertito un po' di noia, ma è comunque una bella penna, che riesce a far percepire abbastanza la desolazione della condizione di Galla. ⭐⭐⭐

Tornando all'horror, sono riuscita a recuperarmi la lettura di Stirpe di lupo di Harold Warner Munn, scrittore americano di weird, molto legato al più celebre Lovecraft. Questo romanzo mi attendava sugli scaffali della libreria da anni, ma non mi ero mai decisa.

La storia ha una struttura abbastanza particolare, costellata di salti temporali, poiché racconta la faida secolare tra la famiglia dei Gunnar e un'entità diabolica, il Signore, che ha deciso di perseguitare tutti i membri di quella famiglia e ridurli a schiavi per vendetta (si scoprirà, leggendo, nei confronti di chi e la sua origine). Il Signore ha poteri malvagi e sconfinati e può trasformarsi e trasformare i suoi servi o i suoi alleati. Pare, inoltre, che sia lui a influenzare tutta la storia degli uomini: sarebbe stato lui la causa della distruzione della Grande Armata, della Guerra dei Trent'anni, della peste di Londra e così via, tutto per la sua faida.

La storia si è sviluppata nel corso degli anni, uscendo sotto forma di racconti a puntate su riviste di settore, successivamente raccolte nel 1979 in due volumi, che hanno costituito il romanzo. Questa storia editoriale si fa sentire molto, a mio parere, poiché i capitoli/racconti sono abbastanza disomogenei fra loro: i primi quattro raccontano l'evolversi della storia di un singolo personaggio, che pertanto all'inizio ci sembra il protagonista; i due capitoli successivi cambiano i personaggi, ma la linea temporale e i collegamenti si mantengono abbastanza. Fin qui il romanzo mi stava piacendo, sia nei contenuti, sia nella scrittura, molto semplice, ma avvincente, pur caratterizzata dai classici mezzi narrativi dell'epoca (tipo un monologo di un personaggio per raccontare fatti che occupano quasi un intero capitolo, così a mo' di raccordo).

A partire dal settimo capitolo, pur essendoci una certo collegamento con il primo nucleo di racconti, cominciano le stonature: la scrittura cambia, diventa meno descrittiva e precisa; la lettura non sempre è stata cristallina per me; i salti, inoltre, sono più ampi. Il nome di un personaggio cambia dal capitolo quarto (Carlos) ai capitoli sette e otto (Jehan). Magari è una variante del nome in inglese (Carlos → Juan  Jehan), poiché il personaggio è spagnolo e questi discendenti girano un po' il mondo e cambiano nome di continuo, però devo dire che non è immediato, né spiegato.

Negli ultimi due capitoli forse la scrittura si è un po' ripresa, ma gli eventi corrono veloci e io ho stentato un po' a stargli dietro (e, tutto sommato, mi ero anche annoiata). Il finale, comunque, mi è abbastanza piaciuto.

Popolato da lupi mannari, vampiri e dallo stesso Signore mutaforma, questo era il libro perfetto per Trasfigurazione e per Volo (in quanto classico del weird), ma non sono rimasta particolarmente soddisfatta.

Giudizio: ⭐⭐

Infine un libro che aspettavo con impazienza di leggere, per interesse e per il fatto di averlo inserito anche nella lista dei 30 libri del mio Scaffale Strabordante a settembre, e che si è rivelato una ciofeca pazzesca. Non è che non me lo aspettassi del tutto: essendomi letta prima il biopic di John Douglas, tra i primi profiler americani, Mindhunter, sapevo che l'ipotesi di Patricia Cornwell era, per lo meno, azzardata e non condivisa e che commetteva probabilmente qualche errore procedurale, oltre ad averci speso non si sa quanti soldi nel tentativo di confermare le proprie teorie. Cornwell ha infatti finanziato numerose indagini di laboratorio su tutto quel su cui ha potuto mettere le mani, tra cui un test sul DNA mitocondriale. I due campioni proverrebbero da, rispettivamente, una lettera dello Squartatore e una del sospettato. La corrispondenza c'è, ma il DNA mitocondriale ha caratteristiche diverse da quello nucleare e una corrispondenza non prova necessariamente che si tratti dello stesso individuo.

Peccato che qui si tratti di ben più di qualche errore procedurale. La nota autrice di gialli ha fatto in Ritratto di un assassino tutto quel che non si dovrebbe mai fare in un'indagine, ossia piegare i fatti alle proprie teorie e non viceversa. Costei si è prima convinta che il celebre pittore tedesco Walter Richard Sickert fosse Jack lo Squartatore e poi si è messa a investigare, distorcendo diversi fattarelli. Per esempio, nelle opere del pittore ci rivede le scene dei delitti di Whitechapel. Ogni linea o macchia è il bordo degli oggetti o un'ombra, no! Sono il segno di uno sgozzamento o di mutilazioni. Studiando i quadri ha trovato le prove della colpevolezza, esattamente come avrebbe potuto farlo se avesse esaminato le macchie di Rorschach: ci ha visto quel che ha voluto, le sue suggestioni. Giunge addirittura ad affermare che quando il pittore è nella sua città natale, Dieppe, e non a Londra, la sua personalità cambia. Non le sfiora la mente che forse si tratta sempre della stessa persona, ma che dipingendo quel che vede, a Londra raffigura prostitute e scene macabre o cupe, mentre tra gli ameni paesaggi tedeschi, la trasposizione riflette questo diverso scenario?

Tra gli errori metodologici di Cornwell: 

  • Il più grave è probabilmente quello di aver considerato ogni lettera arrivata a firma "the Ripper" come autentica, del vero killer, e, per di più, di Sickert. Molte, invece, sono sempre state considerate dei "falsi", scritte da mitomani o da gente, con un pessimo senso dell'umorismo, che forse le trovava degli ottimi scherzi. Quando parla di queste lettere e dei disegni su di esse, che compara a quelli del pittore, non ci viene segnalato a quali lettere Cornwell si riferisca. In ogni caso, dice all'inizio della ricostruzione che ha cambiato idea riguardo alla loro origine e per lei sono tutte buone allo stesso modo.
  • Grave è anche il suo presumere i sentimenti e gli stati d'animo delle persone in esame, sulla base di loro lettere, per esempio di Sickert e la moglie Ellen. 
  • Su altre cose che proprio non può sapere, specula e ricama sopra. Gli interventi subiti da un Sickert bambino ai genitali lo avrebbero lasciato mutilato. Non si sa da cosa tragga questa conclusione (cioè, si sa, da ragionamenti della sua mente). Più tardi, però, queste lesioni, che l'avrebbero reso impotente, movente degli omicidi, gli consentirebbero di commettere adulterio e, forse, perfino di avere figli illegittimi. Peggio ancora, questo esempio: due distinti testimoni parlano di aver visto bazzicare sul luogo del ritrovamento di un ambiguo indizio (lo erano tutti, perché un lembo insanguinato di grembiule avrebbe potuto essere qualunque cosa, collegato o meno ai delitti, non avendo nessun modo di verificarlo) un tizio dalla pelle scura. Sickert poteva benissimo essersi tinto la faccia, obietta l'autrice, come chiunque altro (aggiunge il lettore).
  • Confuta anche la maggior parte della autopsie eseguite sulle vittime (canoniche e non), che sono prese in considerazione in questo libro. Può essere ragionevole farlo, perché le indagini erano svolte con approssimazione, non si disponeva delle moderne tecniche e conoscenze necessarie ad attribuire con accuratezza le cause della morte, ma la nostra scrittrice le contesta in base alle sue supposizioni, che poggiano su testimonianze altrettanto dubbie e comunque riferite in terza mano. Nessuno conosce l'attendibilità delle fonti. Tutto può essere contestato. E non si capisce perché alcune altre autopsie le vanno benissimo, invece, o per lo meno non le confuta. In entrambi i casi, cerca di smontare gli eventuali alibi dell'artista o di stabilire come avrebbe potuto compiere i crimini.
  • Anche il numero di delitti di cui accusare Jack/Sickert sono ampliati rispetto ai canonici cinque (ci può stare, molti hanno discusso di quali e quanti potrebbero essere o meno dello Squartatore). Sono, però, inclusi casi irrisolti/non che arrivano a non avere in comune né vittimologia, né modus operandi, né luogo geografico. Certo, nessuno ha certezza dell'evoluzione criminale del più famoso assassino di sempre e il modus operandi è vero che può mutare nel tempo, ma è curioso che ci siano stati cinque delitti simili concentrati in una finestra temporale così breve e poi più nulla del genere. La firma del killer consterebbe solo delle lettere, che non sappiamo se sono autografe? E poi perché, se è sempre stato libero, Sickert avrebbe smesso di uccidere?
  • Cornwell mette in luce alcune coincidenze, alcuni collegamenti fra le due figure del pittore e del killer, ma senza considerare che, anche se fossero vere, si tratta di cose comuni, che potrebbero condividere anche altri individui: una certa filigrana della carta da lettere; la valigetta Gladstone, vista da testimoni ad alcuni passanti; la conoscenza delle vignette di Judy e Punch, che sono i burattini più conosciuti del regno, tanto che persino oggi li rivediamo nelle rappresentazioni video britanniche. 

Riguardo alla scrittura, l'ho trovata caotica e pesante. Cornwell salta di palo in frasca, non segue né una linea temporale degli eventi, né una divisione sistematica. Non parla prima dei delitti e poi delle lettere, delle biografie dei personaggi, etc. In ogni capitolo si trova un po' di questo e di quello, con la conseguenza che alcuni dati sono ripetuti. Ordine e metodo, chiedeva Poirot? Scordatevelo.

Giudizio: ⭐1/2

Nessun commento:

Posta un commento