lunedì 17 giugno 2024

Un altro Stevenson: La freccia nera

 Ho amato molto di Robert Luis Stevenson L'isola del tesoro e mi è piaciuto tantissimo Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde. Quando ho visto un gruppo di lettura che lo aveva in programma nel mese di maggio, ho, dunque, colto al volo l'opportunità di leggere anche La freccia nera (1883), molto famoso per i suoi adattamenti televisivi (quello con Arnoldo Foà e Loretta Goggi del 1968 e quella - meno acclamata - del 2006 con Riccardo Scamarcio, Martina Stella e Ennio Fantastichini). 


Come spiega lo stesso autore nella nota introduttiva all'edizione completa del 1888, questo romanzo (che io ho letto nell'edizione Mondadori, 300 pag + introduzione e postfazione) è stato pubblicato a puntate (ben 17) nella rivista Young Folks.

Ecco, io trovo che nella trama e nella struttura questa caratteristica si ritrovi completamente e che abbia determinato la sua riuscita (e quindi il mio gradimento).

Le vicende si ambientano durante la Guerra delle due rose, anche se solo un personaggio realmente esistito appare nel romanzo, ossia Richard Crookback di Gloucester, che nel 1483 diviene Riccardo III e che è sempre stato ritenuto il protagonista più interessante ed efferato di quella parte della storia inglese.

Divisa in cinque parti, la storia ci introduce, innanzitutto, i rapporti che legano il giovane Richard (Dick, anche per non confonderlo con il duca di Gloucester) Shelton con il suo protettore, Sir Daniel Brackley, voltafaccia che passa alternativamente dal parteggiare per i Lancaster agli York. Sir Daniel cresce l'orfano Dick, ma scopriamo subito che ha a che fare con la morte di suo padre.

A denunciare il complotto che portò alla morte di Herry Shelton è John Duckworth, detto Riparatorti (o, secondo le edizioni, Vendicatorti o Aggiusta tutto), l'uomo che, privato dei suoi beni a causa di Sir Daniel, fonda nel cuore della foresta di Tunstall la banda della Freccia Nera, che vuole vendicarsi dei misfatti compiuti da Brackley e dai suoi complici.

Dick si imbatte in questa banda nella sua prima traversata della foresta, che compie insieme a un altro personaggio centrale della vicenda. Altra protagonista (fino a un certo punto, perché poi il buon Stevenson la perde un po' di vista) della storia è infatti Joan Sedley, altra vittima dei piani di Sir Daniel.

Questa prima parte del romanzo è molto interessante per atmosfera e per i risvolti che promette la banda della Freccia Nera. Solo che, terminato il secondo libro, niente di tutto questo viene ripreso e portato a termine.

La banda della Freccia Nera, che inizialmente sembra la combriccola di Sherwood, d'improvviso diventa un gruppo di sbandati, pronti a seguire come a tradire il proprio leader, mossi solo da istinti egoisti e la promessa di denaro o di bevute.

In primis il bandito che la mia edizione chiama Senzalegge, una sorta di Frate Tuck, in quanto ex frate, oltre che ex marinaio (insomma, molto esperto in molte diverse cose della vita), assume caratteristiche diverse a distanza anche di poche pagine: da abile capitano che conduce in salvo una nave, a miserabile ubriaco che si macchia di efferatezze, almeno stando alle impressioni del nostro protagonista Dick, che pare avere pesi e misure diverse per quanto riguarda uccidere altri uomini (attività quanto mai comune durante le Guerre delle Rose). Senzalegge in alcuni momenti è il mio personaggio preferito di questo romanzo, ma è regolarmente bistrattato dal suo stesso autore, che gli concede alternativamente momenti alti e bassi.

John Duckworth, che dovrebbe essere uno dei personaggi cruciali per come è impostata inizialmente la storia, scompare, salvo essere nominato, ma non presente, se non per un brevissimo colloquio (nonché l'unico tra loro nel romanzo) con Dick a quattro pagine dalla fine del romanzo. Il rapporto tra Riparatorti e Dick è inesistente, mentre mi aspettavo che ci fosse qualche legame alla mentore-allievo. Inoltre Duckworth dovrebbe essere il capo della Banda della Freccia Nera, ma il romanzo si allontana totalmente da seguire la storia dei banditi e dunque il loro generale perde il suo posto in questa storia.

Lo stesso Sir Daniel, che come cattivo è affascinante e sempre un passo avanti ai suoi nemici (o amici, tanto è lo stesso), è un po' trascurato in alcuni momenti, anche se mai come Riparatorti.

Quest'ultima vira, infatti, verso la guerra e lascia Dick a scoprire da quale parte in causa pende la sua lealtà; non solo. Uno degli aspetti che salvano il romanzo dal pasticcio di sottotrame che non si ricongiungono è lo sviluppo del protagonista. Se è vero che Stevenson lo conduce per vie che non mi aspettavo, dimenticandosi del titolo del romanzo e dell'idea di partenza, è pur vero che queste strade costituiscono un percorso di crescita per il ragazzo. Dick si trova a commettere leggerezze, trascinato dall'esuberanza giovanile e dalla tendenza ad agire senza valutare le conseguenze; tuttavia matura, grazie alla guerra e alle conseguenze di quegli stessi suoi errori, che gli ripresentano il conto, dandogli l'opportunità di rimediare in parte, essendosene pentito e avendo imparato la lezione. Unico nel contesto dello scontro fra case regnanti, Dick è quasi super partes, non riscontrandosi in nessuno dei partiti e non cercando neppure di ingraziarseli, pur ritrovandosi invischiato nelle battaglie e traendone persino dei benefici.

In conclusione, ritengo che la storia promettesse molto bene e che almeno la prima parte abbia un'ambientazione e un'atmosfera piacevoli e interessanti; trovo che sia stato fatto un buon lavoro sul personaggio di Dick, ma non salvo il modo sconclusionato con cui sono state portate avanti le vicende, perdendo di vista personaggi, senso dell'opera e inserendo invece altri elementi a tratti inutili (come l'amica di Joan). Principalmente sono rimasta male dallo scollegamento tra l'inizio e la parte centrale e finale; tutte le domande che ci facciamo all'inizio non trovano risposta e quanto annunciato nel prologo è perso di vista, probabilmente a causa della narrazione a puntate (forse non c'era un piano originale studiato nei dettagli fin da subito?). Non posso fare a meno di confrontare questa trama con quella di La donna in bianco di Wilkie Collins, che pur essendo pubblicata a puntate, al termine trovò un posto per ogni pezzo del puzzle.

L'avventura rimane al centro di ogni libro che compone l'opera, anche se i singoli episodi a tratti risultano scollegati. La scrittura è comunque scorrevole, ma non trovo che sia la penna migliore che abbia utilizzato il caro Stevenson.

Giudizio: una sufficienza non proprio piena ⭐⭐ 1/2

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