Alan Bradley è un autore contemporaneo canadese, ma la serie di Flavia de Luce, a cui ha dato vita dagli anni Duemiladieci e che comprende dieci romanzi (editi in Italia da Sellerio), è ambientata nell'Inghilterra del 1950.
Flavia è una bambina di undici anni, orfana di madre e molto originale. Vive con il padre e le due sorelle, Ophelia e Daphne, nella dimora di Buckshaw, aiutati dal tuttofare Dogger e dalla cuoca, la signora Mullet. Flavia, quando non è impegnata in una guerriglia all'ultimo dispetto con le sorelle, coltiva la sua passione per la chimica e, dal primo romanzo (Flavia de Luce e il delitto nel campo dei cetrioli, 421 pagine), anche per le indagini.
Ci si ritrova invischiata per la prima volta in modo involontario, quando uno sconosciuto (o quasi) esala l'ultimo respiro proprio nel campo di cetrioli di Buckshaw, pronunciando la parola "Vale". Il mistero sembra coinvolgere il passato del padre di Flavia, un uomo tutto d'un pezzo, dedito alla filatelia. In che modo? Bisogna leggere la storia, sennò si rischiano spoiler...
All'inizio della lettura non provavo grande simpatia per la protagonista (mi ricordava Merricat di Shirley Jackson o Rose de La famiglia Aubrey), ma presto mi sono resa conto che aveva molte più similitudini con Edith Crawley di Downton Abbey: anche Flavia vive in una famiglia nobiliare e antica, attaccata alle vecchie tradizioni e, forse, non troppo pronta ad adeguarsi ai tempi che cambiano. Flavia, invece, è la pecora nera: troppo sbarazzina e pratica per stare attenta alle buone maniere a cui tanto tengono le due sorelle, ma anche estremamente intelligente; è semplicemente diversa dalla sua famiglia, quasi una Matilda fra gli Wormwood, anche se non cattivi (non così tanto), né gretti. Alla fine del libro mi ero affezionata notevolmente alla ragazza.
Per quanto riguarda il giallo in sé, non sono rimasta proprio soddisfattissima. Ha avuto uno spazio inferiore nella storia, rispetto ai rapporti familiari di Flavia, ma soprattutto mancava di un elemento fondamentale: non c'erano quasi sospettati per il delitto. Se posso accettare lo spazio limitato, considerando che il primo capitolo di una saga serve sempre a introdurre i personaggi, mi è dispiaciuto, però, non avere molti indiziati su cui puntare il dito nelle indagini, molto incentrate sul padre della protagonista (che si concede anche uno spiegone lunghissimo, che non ho apprezzato).
Tutto questo ha limitato il mio gradimento nella lettura? In realtà, no. La scrittura è scorrevole, piacevolissima, con l'elemento dello humor molto presente. Mi è piaciuto come sono stati descritti i personaggi e le loro relazioni, ma anche gli eventi. Il villaggio di Bishop's Lacey (e dintorni) promette di fornire un bel campionario di umanità (un po' alla Cabot Cove, se vogliamo). In effetti sono proprio gli elementi cozy di questo romanzo che me lo hanno reso così piacevole, facendomi sorvolare sulle manchevolezze già elencate e desiderare di leggere i prossimi nove libri.
Giudizio: ⭐⭐⭐⭐
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