domenica 26 ottobre 2025

Viaggio nella Svezia del 1852: Cucinare un orso

 Cucinare un orso (Iperborea, 515 pagine), dell'autore svedese contemporaneo Mikael Niemi, è un romanzo molto particolare. Inizialmente mi fu consigliato come romanzo giallo, ma successivamente ho sentito negare che lo fosse.

Questo ve lo chiarisco subito: è certamente un giallo, ma non classico, bensì storico e "all'italiana", ossia "alla Eco". Mi spiego meglio.


Svezia, 1852. Lars Levi Læstadius (che è esistito davvero, anche se l'opera è di fantasia) è un pastore protestante che fonda un movimento cristiano, chiamato Il Risveglio, contrario alla deriva locale della popolazione, spesso abusante di alcol. Læstadius è un uomo ormai anziano e stanco, severo, ma anche in grado di essere comprensivo e giusto. Adotta nella sua famiglia un trovatello sami, Jussi, discriminato dalla popolazione locale, ma considerato invece dal pastore molto intelligente, tanto da insegnargli non solo a leggere, a scrivere e la religione, ma anche a osservare i dettagli del mondo naturale (Læstadius è anche un famoso botanico) e non solo.

Quando scompare una giovane ragazza a servizio e viene poi rinvenuta qualche giorno dopo, Læstadius e Jussi giungono sul posto prima delle autorità locali e iniziano a osservare la scena, notano alcuni dettagli, che li porterà a diffidare della conclusione a cui giungono il giudice Brahe e il poliziotto. No, non è stato un orso ad aggredire la ragazza, ma contraddire il giudice e sollevare sospetti difficili nella comunità non è possibile, anzi: diventa molto pericoloso, soprattutto per chi già è in una posizione emarginata. La copertina del libro non è casuale e ritengo sia davvero bellissima.

Læstadius e Jussi ci ricordano un po' Guglielmo da Baskerville e Adso e lo sfondo è, come ne Il nome della rosa, uno scontro tra posizioni religiose. La stessa atmosfera, sebbene temporalmente distante, ricorda quel Medioevo che concepiamo come periodo buio, anche se Barbero ci ha ampiamente spiegato che non è così. Le indagini si svolgono in un clima di tensione e si dipanano lente nel corso del romanzo, frammiste a molto altro: uno scorcio socio-culturale sulla Lapponia del 1952, delle differenze e divergenze fra Sami e Svedesi e anche una riflessione teologica.

Mi sono piaciute molto la storia, l'atmosfera e la scrittura, ma alcuni punti sono crudi e ostici. Non si può non restare dispiaciuti e quasi disgustati per alcune pieghe che le vicende prendono, ma anche molto sorpresi dal finale, che lascia comunque un po' di amaro in bocca. Il mio giudizio sul romanzo è molto influenzato proprio da questo.

Giudizio: ⭐⭐⭐ 1/2

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