domenica 6 agosto 2023

La trilogia degli Evangelisti di Fred Vargas: rimpiangiamo il commissario Adamsberg?

 Ahiaiai, cara Fred Vargas, cosa mi hai combinato!

Da grandissima fan della serie del commissario Adamsberg, sul quale ho letto tutto quello che Einaudi ha pubblicato in Italia, mi sono decisa a recuperare la trilogia dedicata ai cosiddetti Tre evangelisti.

I personaggi di San Marco (Marc Vandoosler), San Matteo (Mathias Delamarre), San Luca (Lucien Davernois) e dello stravagante zio di Marc, Armand Vandoosler, sono introdotti nel primo romanzo, Chi è morto alzi la mano (Debout les morts). Peccato che poi abbiano corso il rischio di scomparire completamente! Ma andiamo con ordine.


Tutti e tre i romanzi hanno un elemento di avvio assolutamente intrigante e uno svolgimento, però, un po' tentennante. Il guaio è che Fred Vargas sembra essersi dimenticata per la strada cosa aveva progettato inizialmente per i personaggi ed è la critica principale che pongo alla trilogia.

❶ Chi è morto alzi la mano è sicuramente il migliore dei tre e quello in cui ciascun personaggio dell'originaria quaterna ha una dignità maggiore: sono meglio descritti e ognuno di loro concorre a risolvere l'omicidio. Anche l'avvio è il più convincente: l'ex cantante di opera Sophia trova all'improvviso una mattina nel suo giardino un albero. Si tratta di un albero adulto, che non ha piantato né lei, né il marito, né il giardiniere.

Il caso vuole che nella casa vicina vengano ad abitare i tre evangelisti, più zio Vandoosler, che è il responsabile del soprannome di quelli che in realtà sono tre storici. Marc studia il medioevo, Mathias la preistoria e Lucien è un esperto della Grande Guerra. Armand Vandoosler, invece, è un ex poliziotto, congedato per via dei suoi metodi poco ortodossi: sarà lui a "condurre" le indagini di questo primo romanzo.

Non è un giallo eccellente: il colpevole si riesce a individuare piuttosto facilmente, ma è ugualmente piuttosto piacevole.

Giudizio: ⭐⭐⭐ 1/2

Un po' più il là sulla destra: in questo libro arrivano i problemi. Non tanto per la trama, anche se dopo l'avvio dell'intrigo, le indagini non sono molto accattivanti (ma sul colpevole mi sono imbrogliata stavolta), ma soprattutto per gli Evangelisti. A parte il protagonista del trio, Marc, (e una piccola particina di Mathias sul finale, che è probabilmente l'evangelista più ammaliante con la sua saggezza, il suo silenzio e le sue abitudini anticonvenzionali), gli altri spariscono. Non trovano più spazio, salvo spiegare a Marc come si fa la valigia, il nevrotico Lucien e soprattutto, tranne una telefonata di un minuto, zio Vandoosler che, malgrado fosse stato il mattatore del libro precedente, non lo ritroverà più. A sostituirlo nel ruolo e nello spazio è un nuovo personaggio, Louis Kehlweiler, padre tedesco, madre francese, ex pezzo grosso del Ministero dell'Interno. Gli agganci che dunque aveva Armand Vandoosler sono sostituiti e allargati. Il nuovo protagonista, però, oltre a non essere superiore in simpatia al quartetto, diventa l'unico punto di vista narrativo.

È Kehlweiler che, supervisionando tutte le panchine della città, scopre presso una di esse, nascosto tra gli escrementi di un cane, l'osso di un alluce umano. Kehlweiler suppone che ci sia un cadavere a cui manca un alluce. Dove sarà mai questo cadavere? Nel paese della sua ex compagna...ma questa è un'altra storia...

Giudizio: sebbene non del tutto spiacevole, ho passato il tempo a contare quante pagine mancavano alla ricomparsa di almeno uno degli evangelisti ⭐⭐

Io sono il tenebroso rivede, invece, il ritorno -in parte- degli evangelisti. Una cara amica di Kehlweiler, Marthe, già introdotta nel romanzo centrale, si ritrova alla porta il ragazzino che aveva sottratto alla solitudine della sua misera infanzia. Ormai è adulto e sembra essere diventato il serial killer che tutta Parigi sta cercando, ma si dichiara innocente.

In questa indagine i tre evangelisti tornano ad avere ciascuno una parte nella storia, sebbene inferiore a quella di cui godevano nel primo romanzo. Armand Vandoosler, poverino, resta invece relegato al ruolo di baby-sitter. Kehlweiler mantiene la parte del leone nelle indagini, nelle quali anche stavolta il colpevole si può identificare, poiché Vargas compie lo stesso procedimento in tutti e tre i libri.

Giudizio: Un po' meglio del secondo ⭐⭐⭐

Prova di thriller per Valerio Massimo Manfredi: Palladion

 È uno strano mix quello che mette in atto Valerio Massimo Manfredi in Palladion.


Inizia come romanzo storico, raccontando gli eventi del 179 a.c., quando un grande pericolo stava minacciando Roma. Prosegue poi nel 1071 all'interno di un monastero bizantino nel Lazio, all'interno del quale un copista scopre un segreto che riguardava quell'antica vicenda romana.

Tracciate queste basi, Manfredi ambienta la storia a degli imprecisati (per poter inventare dei capi di governo a suo gusto) "giorni nostri". L'autore introduce dunque una grande quantità di personaggi, alcuni dei quali non rivedremo mai, alcuni che invece ricompariranno per piccole o medie parti, e imposta l'intera vicenda come un thriller.

Il fulcro è questo: alcune statue raffiguranti Atena vengono rinvenute a Lavinium e nello stesso periodo vengono anche ritrovati un monumento funebre e delle statue di due guerrieri. Tutte queste scoperte sono collegate tra loro e alla storia raccontata all'inizio del romanzo. Tra i simulacri di Atena, uno non è forse il leggendario Palladio in grado di proteggere qualunque città che lo possieda?

All'inizio della mia lettura ho storto un po' il naso: lo stile narrativo non mi piaceva, sebbene Manfredi disponga di un lessico molto ampio e descriva con grande precisione e accuratezza luoghi e personaggi, vergando anche alcune frasi di poetica bellezza.

Proseguendo, però, l'intreccio mi ha abbastanza presa ed è congegnato veramente molto bene. Tutto alla fine si incastra e bene, anche se il movente dei "cattivi" è un po' fantasioso e tratteggiato un po' rapidamente. A essere del tutto onesta qualche domanda rimane in sospeso e non sono riuscita a togliermi tutti i dubbi.

Quel che mi ha stonato di più, in ogni caso, sono state le scoperte archeologiche: tutti e tre i ritrovamenti collegati alla stessa vicenda sono avvenuti a brevissima (o addirittura nulla) distanza tra loro, il che è a dir poco incredibile. Manfredi avrebbe potuto semplicemente effettuare dei salti temporali maggiori di quelli già comunque presenti, rendendo il tutto più credibile.

Concludendo, ho apprezzato la storia thriller e alcuni personaggi, malgrado alcune cosette tirate per i capelli e lasciate anche senza spiegazione. Per me lascia un po' a desiderare anche lo stile, soggetto ad alti e bassi.

Giudizio: ⭐⭐⭐

venerdì 4 agosto 2023

Helter Skelter di Vincent Bugliosi: nell'abisso del male

"Quando guardi a lungo nell'abisso, l'abisso ti guarda dentro."

Friedrich Wilhelm Nietzsche

Questo è successo quando ho compiuto una full-immersion nel caso giudiziario de casi Tate e LaBianca, raccontati nientepopodimeno che dal Pubblico Ministero del processo a Manson e alla sua Family, ovvero Vincent Bugliosi. Ho letto oltre metà del libro una domenica pomeriggio, per poi risognarmi tutto il processo tutta la notte.


La storia è celebre e macabra: la notte dell' 8 agosto 1969 alcuni membri della cosiddetta Famiglia entrarono nella villa di Cielo Drive a Los Angeles, dove si trovavano l'attrice Sharon Tate, moglie del regista Roman Polansky, da cui aspettava da otto mesi un figlio, insieme con alcuni suoi conoscenti, Jay Sebring, Abigail Folger e Wojciech Frykowski, e massacrarono i presenti a coltellate. Inoltre, prima di entrare nell'abitazione, si imbatterono nel giovane Steven Parent, che se ne stava andando, dopo essere passato dal custode per cercare di vendergli una radio, uccidendolo con quattro colpi di arma da fuoco. La notte successiva toccò ai coniugi Leno e Rosmary LaBianca a essere trucidati nella loro casa a Waverly Drive.

La prima notte Charles Manson inviò i suoi sicari, mentre il 9 agosto si recò personalmente sul luogo del delitto, partecipandovi, legando i coniugi nella loro casa. I due delitti, nella mente dell'uomo, dovevano dare avvio all'Helter Skelter, secondo lui addirittura profetizzato dalle canzoni dei Beatles, ovvero una rivolta delle persone nere contro quelle bianche in una guerra che avrebbe nociuto a tutti, tranne che a lui e ai suoi seguaci, che lui avrebbe scortato nel deserto mentre si consumava la guerra da lui scatenata; al termine della guerra le persone nere, che Manson, del tutto razzista, riteneva inferiori, non sarebbero state in grado di "governare il mondo" e dunque si sarebbero rivolte a lui e ai suoi seguaci, ormai divenuti una moltitudine, per prendere il comando. In buona sostanza: il delirio di un pazzo, basato su idee estrapolate anche da Sc1ent0l0gy e dall'Apocalisse. Il difficile, per l'accusa, fu dimostrarlo. 

Nelle prime due parti del libro il narratore è anonimo e ricostruisce tutte le vicende legate ai due fatti di cronaca. Dalla terza parte all'ottava parte, invece, Bugliosi si palesa e racconta in prima persona l'andamento delle sue indagine e poi del processo, compresa l'analisi degli errori principali dei detective nelle fasi di avvio delle indagini e di tutte le difficoltà incontrate a cercare di provare le sue due tesi accusatorie:

  1. Charles Manson era il mandante degli omicidi (in realtà neanche solo di questi) per il suo strampalato movente;
  2. i sicari erano assoggettati al dominio di Manson, che li manipolava, ma erano, a loro volta, sadici e disposti a uccidere al comando del loro leader perché naturalmente predisposti all'omicidio.
Gli esecutori, raccontando a testimoni, gran giurì e giurati i loro crimini, riuscirono ad agghiacciare gli auditori per il loro sadismo e l'assenza di rimorso: davvero mostruosi! Manson fu proprio molto bravo in questo: riconoscere e scegliere i soggetti che "gli servivano". Fu a suo modo un profiler, capiva le persone che gli stavano davanti e quali leve usare, tranne, per fortuna, in un caso.
Il principale testimone dell'accusa fu infatti Linda Kasabian, una degli ex membri della Famiglia, a questa unitasi da pochi mesi quando si recò a Cielo Drive quel fatidico 8 agosto senza partecipare agli omicidi, poiché rifiutava di attuare gli ordini di Manson.

Il potere che Manson ha sviluppato sul gruppo di persone che lo avevano seguito, fondando la comunità di Spahn Ranch, è descritto molto bene nel testo. Mi ha turbata, ma fino a un certo punto. Ci sono stati tanti casi in cui intere comunità (come quelle dei suicidi di massa) o nazioni (penso alle dittature) hanno seguito un pazzo svitato, perché sono state "corrotte" a poco a poco, capendo dove era arrivato il marcio solo quando ormai il potere di quella persona era eccessivamente radicato. Di fatto è anche il circolo vizioso che si instaura nelle violenze domestiche.

La cosa che mi ha fatto rimanere più male però, in questa vicenda, è stata la difficoltà delle forze dell'ordine a orientarsi nei casi, a collegarli, ignorando le piste perché non erano concordi alla loro idea precostituita: insomma, l'incredibile serie di errori che hanno commesso nelle indagini, segno evidente che semplici agenti, ma anche ispettori non erano formati in criminologia e nelle tecniche di interrogatorio (e forse nemmeno in molti aspetti basici).

Anche per questo ho trovato il lavoro di Bugliosi veramente incredibile, accurato e scrupoloso. Anche se forse si gloria un pochino da solo nel racconto, aver provato sia il mandato di Manson (col suo movente pazzoide, così contaminato da tante idee diverse che sembra fintissimo), sia la volontà degli esecutori di uccidere a prescindere da lui sembra miracoloso. Forse non ci sarebbe mai riuscito se così tanti membri della Famiglia non avessero spiattellato "la qualunque", non avessero commesso così tanti errori e non avessero avuto atteggiamenti così tanto sospetti. Di fatto sono riusciti a commettere più errori di quelli di cui i detective non si erano accorti: tolti quelli, ne restavano ancora abbastanza!

Questo saggio è un viaggio nell'abisso. Ho proceduto con grande lentezza nella prima parte, perché era troppo orribile da leggere e ho dovuto porre più di un filtro nella lettura per tutelare il mio benessere. Al contempo è una disamina del Male e della natura della mente umana, assolutamente indispensabile per leggere e capire il nostro mondo (di ieri e di oggi).
A livello di scrittura è scorrevole, soprattutto per l'interesse generato dai fatti, anche se qualche volta ci sono alcuni dati che si ripetono (forse dovuto alla collaborazione di Bugliosi con lo scrittore Curt Gentry oppure per rafforzare nella memoria del lettore alcuni punti, utili a navigare in un mare di nomi e informazioni).

Giudizio: ⭐⭐⭐⭐