sabato 9 marzo 2024

Rileggere Il buio oltre la siepe vent'anni dopo

 Alle scuole medie ho avuto una professoressa di italiano molto attenta ai temi dell'uguaglianza e della pace e questa sensibilità è stata trasferita nel programma scolastico. Mi pare che quella lezione settimanale si chiamasse narrativa e, se al primo anno verteva sulla mitologia greca, al terzo anno, addirittura, proponeva un saggio piuttosto impegnativo per dei tredicenni, Il razzismo spiegato a mia figlia di Tahr Ben Jelloun; nel mezzo c'è stato Il buio oltre la siepe (1960), che per temi si eleva molto, pur possedendo la scorrevolezza di un testo narrativo.

Queste due caratteristiche le ho ritrovate, come le ricordavo, anche oggi. Ai tempi si trattò di una versione ridotta, che possiedo ancora e che conservo con grande affetto, perché quella lettura mi piacque moltissimo. Ventuno anni dopo, con la storia che era molto sfumata nel mio ricordo, ma con quelle impressioni ancora ben vive nella mia mente, ne ho ripreso la lettura, stavolta su un'edizione integrale Feltrinelli, regalo di mia sorella.


Quella targa nella foto mi è piaciuta appena l'ho vista, per il gioco di parole che opera col titolo di questo libro. Il titolo in italiano, infatti, è interamente opera dei traduttori e fa riferimento al pregiudizio che i due piccoli Finch nutrono per il loro vicino di casa, ma il titolo originale è To kill a mockingbird, frase che viene ripresa più volte nel romanzo, riferendosi a personaggi e situazioni diverse, e con più significati.

"Sparate finché volete alle ghiandaie, se vi riesce di prenderle, ma ricordatevi che è un peccato uccidere un merlo. [...] I merli non fanno niente di speciale, ma fa piacere sentirli cinguettare. Non mangiano le sementi dei giardini, non fanno il nido nelle madie, non fanno proprio di niente, cinguettano soltanto. Per questo è un peccato uccidere un merlo."

Si è trattato, in parte, di una riscoperta, proprio in virtù di certe parti che avevo scordato; in parte è stato un riconsolidare qualcosa. Per esempio ricordavo piuttosto bene sia il processo, sia la parte finale, dunque le due parti più dure del romanzo.

La storia, che valse il premio Pulitzer alla scrittrice americana Harper Lee, amica e collaboratrice di Truman Capote, è narrata dal punto di vista dei figli dell'avvocato Atticus Finch, in particolare della secondogenita Scout. Orfani di madre, tirati su dal padre, che cerca di educarli secondo i suoi principi, e dalla domestica di colore, Calpurnia, Scout e Jem trascorrono gli inverni a scuola e le estati a cercare di scoprire chi è il misterioso vicino di casa che non sono mai riusciti a vedere, finché un caso di cronaca non fa capolino nella loro vita, mettendola un po' in subbuglio.

Atticus Finch, il cui ritratto in negativo, ossia ricavato dalle testimonianze della figlia, restituisce uno dei personaggi della letteratura più sensibili, retti, coraggiosi e compositi mai scritti, è l'avvocato che difenderà una persona di colore dall'accusa di violenza carnale ai danni di una ragazza di poverissima classe sociale. La costruzione della vicenda e delle motivazioni delle parti in gioco, che ruotano attorno al fatto e al processo, è magistrale: avvalendosi del punto di vista, semplice e ingenuo, di una bambina, la descrizione del contesto sociale e delle ripercussioni di quanto accade è elementare e chiaro. Scout, naturalmente, non comprende bene ogni sfaccettatura della vicenda ed è proprio l'emergere delle sue domande e delle risposte, che si dà o che riceve, che ci permettono di entrare nel merito e di sviscerare ogni lato del problema in modo efficace e approfondito.

Ne risulta un lavoro che, da una parte espone dei problemi sociali dagli opposti punti di vista, dall'altra ha il tono leggero di un bambino che si pone questi problemi per la prima volta, con sguardo smaliziato. L'interiorizzazione da parte di Scout di quello che sente dire intorno a lei, da parte di adulti e bambini, ci restituisce un contraddittorio, che evidenzia le ipocrisie e le idee più retrograde, ma anche quelle più nobili. Ci sono molti personaggi (e ben caratterizzati) ne Il buio oltre la siepe, ognuno in grado di arricchire la storia del proprio punto di vista.

Il romanzo, inoltre, non affronta solo la storia di Tim Robbins, che qui personifica i giovani afroamericani che, davvero, furono ingiustamente accusati nel caso degli Scottsboro Boys nel 1931. Jem, per esempio, è protagonista di un altro momento della storia non meno toccante e bello; anche Scout alle prese con la scuola rappresenta una situazione molto interessante.

Dunque non solo il tema del razzismo, anche se questo occupa chiaramente tanto spazio, è affrontato in questo romanzo; la famiglia protagonista e i loro amici più vicini sono progressisti e hanno idee molto simili alle nostre; naturalmente, però, il resto delle persone che li circondano non lo sono affatto e questo condiziona quello che succede, ma anche le idee di Scout, spugna, come tutti i bambini, delle espressioni che sente dire. Fortunatamente il suo ristretto nucleo familiare e lo scontrarsi con evidenze diverse la spingono a riflettere e a maturare opinioni via via più strutturate. Non solo stereotipi di etnia compaiono in questo contesto, ma anche di classe. di genere e il pregiudizio e le idee preconcette in generale.

La scrittura è davvero efficace e affronta in profondità temi complessi, senza perdere di vista la piacevolezza del racconto, che si legge in modo veramente scorrevole.

Adesso mi rimane solo da vedere il film, adattamento del 1962, appena due anni dopo l'uscita del libro. Il film, diretto da Robert Mulligan, fu candidato a otto premi Oscar e il ruolo di Atticus valse il premio di migliore attore a Gregory Peck (un po' troppo bello, forse, per interpretare l'avvocato, per come lo leggiamo nell'originale, ma del resto Peck vestì anche i panni di Achab). Gli altri due premi che la pellicola vinse furono la sceneggiatura e la scenografia.

Giudizio: ⭐⭐⭐⭐⭐

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