martedì 15 ottobre 2024

Il book club americano che legge Jane Austen

 Jane Austen book club è un romanzo (rosa, se devo trovargli una classificazione) del 2004, pubblicato in Italia da Neri Pozza (299 pagine), della scrittrice Karen Joy Fowler. Nel 2007 ne è stato ricavato un film diretto da Robin Swicord e con Emily Blunt, Maria Bello, Kathy Baker, Amy Brenneman, Hugh Dancy e Maggie Grace (la Shannon di Lost).


Jocelyn è una donna indipendente, che non si è mai sposata e che ama organizzare tutto, compreso le vite degli altri. Per questo, quando la sua decennale amica Sylvia viene lasciata dal marito dopo un lungo matrimonio, decide, per distrarla e sostenerla, di fondare un club del libro, durante il quale rileggere i sei romanzi di Jane Austen. Gli altri membri sono la figlia di Sylvia, Allegra, che ama l'adrenalina e le ragazze; l'insegnante d francese Prudie; l'attempata e po' noiosa Bernadette, che però nasconde un passato avventuroso; l'aitante Grigg, che ama la fantascienza, ma è aperto a tutta la letteratura.
Ogni mese i sei leggono uno dei libri della scrittrice inglese e la Fowler ne approfitta per approfondire la storia di uno dei lettori del club. Nei primi due capitoli questo accade con una serie di flashback durante la discussione mensile a casa di Jocelyn e, poi, di Sylvia. Successivamente le storie si mescolano in modo più naturale e i commenti sui romanzi Austeniani sono ridotti ai minimi termini.
I personaggi sono abbastanza gradevoli: non troppo sfaccettati e complessi, ma con qualche guizzo, riservato soprattutto a quelli più giovani. Ho infatti preferito le storie di Grigg, Allegra e, soprattutto, di Prudie, che ha proprio la vicenda più interessante.
La cosa che mi ha lasciato più perplessa, tuttavia, è lo stile. La narrazione è in prima persona plurale. Oltre a non essermici mai imbattuta prima, ho dovuto rileggere il Prologo due volte prima di rendermi conto che nessuno di sei parlava di sé stesso in prima persona, bensì ciascuno dei personaggi svolge azioni che sono descritte con la terza persona. Insomma, sono rimasta subito confusa dal fatto che il narratore fosse tutti e nessuno.
Inoltre le battute non sempre risultavano comprensibilissime e qualche passaggio non sembrava del tutto lineari.

Giudizio: alcune storie carine, ma scritto in modo un po' strano ⭐⭐1/2

giovedì 10 ottobre 2024

Perdersi fra le vite passate con Jack London

 Consigliatomi tanti anni fa e poi sempre rimandato, ho finalmente recuperato Il vagabondo delle stelle di Jack London (Adelphi, 383 pagine), che si caratterizza per una trama e una struttura abbastanza peculiari.


Il protagonista è Darrell Standing, che ci introduce subito alla triste vita che ha condotto nella prigione di San Quentin, dove, per una sorta di complotto ai suoi danni, finisce in cella di isolamento, dove trascorrerà molti molti mesi. Durante tale periodo, scopre di potersi isolare a tal punto dalla sua condizione da poter raggiungere un altro livello di coscienza.

Darrell ci spiega che era già predisposto, ma di fatto, durante quelle che definisce "piccole morti", riesce a rivivere le vite passate. Dopo i primi capitoli introduttivi, London alterna un capitolo in cui descrive le sevizie che subisce in prigione e un capitolo in cui racconta la storia di una delle reincarnazioni, da un conte francese e i suoi intrighi, al bambino che attraversa gli USA verso il west in una carovana di pionieri, dal marinaio inglese che nel Seicento vive avventure in terre straniere, all'uomo che vive ai tempi e nei luoghi di Gesù, fino al naufrago su un'isola deserta.

Le parti in cui il protagonista è in prigione mi sono piaciute, tutto sommato, di più, ma quasi fin da subito le ho trovate ricche di ripetizioni nei concetti e nelle espressioni. Mi è piaciuta la descrizione della condizione di carcerato che London compie, quasi una denuncia, sebbene non sia in grado di verificare la verosimiglianza di questo tipo di racconto.

Al contrario, le parti "slegate" che raccontano le storie degli "altri" Darrell Standing in generale non mi sono piaciute granché, con parti riuscite più o meno, secondo almeno il mio gusto: per esempio ho preferito l'avventura del nobile spadaccino Sainte-Maure e quella del naufrago Daniel Foss. Tuttavia, la maggior parte di questi racconti presenta, per me, due problemi. Da una parte, sono enumerati molti elementi, molti avvenimenti, direi troppi, per la trentina di pagine, più o meno, in cui si sviluppa la narrazione (una scrittura più moderna avrebbe focalizzato l'attenzione su un momento più circoscritto ed esordito in medias res). Dall'altra, forse per questa stessa ragione, non mi sono riuscita a immergere negli avvenimenti: non si è mai instaurata quella sospensione dell'incredulità che permette di godersi la lettura. Si percepisce costantemente, anche per qualche esternazione rivolta in modo diretto al lettore, che si tratta di un romanzo e il flusso è conseguentemente interrotto.

Sui personaggi va aggiunto che Darrell e i suoi alter-ego sono sempre rappresentati come personaggi dalle abilità straordinarie e dai pochi o inesistenti difetti, a eccezione di Jesse Fancher, perché è un bambino. Gli altri personaggi di contorno, invece, si dividono in buoni o cattivi, con pochissime sfumature nel mezzo.

In conclusione, ho trovato la scrittura quasi sempre prolissa e ripetitiva, a tratti noiosa, i personaggi poco caratterizzati e credibili e non sono riuscita a godermi le storie né delle vite passate, né dello stesso Standing. Tuttavia ho apprezzato l'idea alla base e la struttura impostata dall'autore.

Giudizio: per l'originalità della struttura e della storia ⭐⭐⭐

Primo capitolo della serie di Flavia de Luce: il delitto nel campo dei cetrioli

 Alan Bradley è un autore contemporaneo canadese, ma la serie di Flavia de Luce, a cui ha dato vita dagli anni Duemiladieci e che comprende dieci romanzi (editi in Italia da Sellerio), è ambientata nell'Inghilterra del 1950.


Flavia è una bambina di undici anni, orfana di madre e molto originale. Vive con il padre e le due sorelle, Ophelia e Daphne, nella dimora di Buckshaw, aiutati dal tuttofare Dogger e dalla cuoca, la signora Mullet. Flavia, quando non è impegnata in una guerriglia all'ultimo dispetto con le sorelle, coltiva la sua passione per la chimica e, dal primo romanzo (Flavia de Luce e il delitto nel campo dei cetrioli, 421 pagine), anche per le indagini.

Ci si ritrova invischiata per la prima volta in modo involontario, quando uno sconosciuto (o quasi) esala l'ultimo respiro proprio nel campo di cetrioli di Buckshaw, pronunciando la parola "Vale". Il mistero sembra coinvolgere il passato del padre di Flavia, un uomo tutto d'un pezzo, dedito alla filatelia. In che modo? Bisogna leggere la storia, sennò si rischiano spoiler...

All'inizio della lettura non provavo grande simpatia per la protagonista (mi ricordava Merricat di Shirley Jackson o Rose de La famiglia Aubrey), ma presto mi sono resa conto che aveva molte più similitudini con Edith Crawley di Downton Abbey: anche Flavia vive in una famiglia nobiliare e antica, attaccata alle vecchie tradizioni e, forse, non troppo pronta ad adeguarsi ai tempi che cambiano. Flavia, invece, è la pecora nera: troppo sbarazzina e pratica per stare attenta alle buone maniere a cui tanto tengono le due sorelle, ma anche estremamente intelligente; è semplicemente diversa dalla sua famiglia, quasi una Matilda fra gli Wormwood, anche se non cattivi (non così tanto), né gretti. Alla fine del libro mi ero affezionata notevolmente alla ragazza.

Per quanto riguarda il giallo in sé, non sono rimasta proprio soddisfattissima. Ha avuto uno spazio inferiore nella storia, rispetto ai rapporti familiari di Flavia, ma soprattutto mancava di un elemento fondamentale: non c'erano quasi sospettati per il delitto. Se posso accettare lo spazio limitato, considerando che il primo capitolo di una saga serve sempre a introdurre i personaggi, mi è dispiaciuto, però, non avere molti indiziati su cui puntare il dito nelle indagini, molto incentrate sul padre della protagonista (che si concede anche uno spiegone lunghissimo, che non ho apprezzato).

Tutto questo ha limitato il mio gradimento nella lettura? In realtà, no. La scrittura è scorrevole, piacevolissima, con l'elemento dello humor molto presente. Mi è piaciuto come sono stati descritti i personaggi e le loro relazioni, ma anche gli eventi. Il villaggio di Bishop's Lacey (e dintorni) promette di fornire un bel campionario di umanità (un po' alla Cabot Cove, se vogliamo). In effetti sono proprio gli elementi cozy di questo romanzo che me lo hanno reso così piacevole, facendomi sorvolare sulle manchevolezze già elencate e desiderare di leggere i prossimi nove libri.

Giudizio: ⭐⭐⭐⭐