lunedì 3 ottobre 2022

Il più grande successo di Joel Dicker: la verità sul caso Harry Quebert

 A distanza di dieci anni dall'uscita in libreria di questo caso editoriale, in Italia edito da Bompiani, ne ho recuperata una copia usata e ho posto rimedio alla mia lacuna. 

Si tratta di un romanzo di 784 pagine, divorate in circa due settimane, che è un misto tra giallo e thriller, senza, secondo me, essere davvero nessuno dei due: troppa poca suspense per essere proprio un thriller e non ha la vera struttura e il finale del giallo classico (anzi, è una di quelle conclusioni che fanno un po' arrabbiare il lettore di gialli consumato). So di non essere una risolutrice acutissima di gialli, ma mi piacerebbe sapere quanti hanno indovinato questa conclusione, poiché trovo che gli elementi cardine si scoprano solo alla fine (ma magari mi sbaglio io ed erano dipinti in grande, ma non me ne ero accorta).

Il libro verte sul caso Nola Kellergan (di solito il caso porta il nome della vittima, non del suo presunto carnefice), quindicenne scomparsa trentatré anni prima che i suoi resti fossero rinvenuti nel giardino dello scrittore di fama mondiale e maestro di vita del narratore, Harry Quebert, che per l'appunto con la defunta ha avuto una folgorante storia d'amore della durata di un'estate. Il narratore, Marcus Goldman, è a sua volta uno scrittore, che ha avuto un acclamato debutto col primo libro, ma per il secondo subisce un blocco artistico, che lo spinge a rimettersi in contatto col suo insegnante di università, che è accusato, al momento del rinvenimento del cadavere, di aver assassinato Nola. Goldman, convinto dell'innocenza del suo mentore, cerca di scavare con ogni mezzo per arrivare alla verità, tra personaggi a tratti ostili, a tratti amichevoli, che nascondono segreti da oltre trent'anni.

Devo dire che arrivavo con aspettative altissime a questa lettura, visto quanto se ne era parlato (osannandolo) e dopo la mia precedente lettura de L'enigma della camera 622, che mi era piaciuto molto.

La mia onesta impressione, invece, soprattutto all'inizio della lettura (e con inizio intendo la prima metà, anche anche) è che, forse, essendo stato scritto otto anni prima, non poteva esserci la stessa maturità. Non che si leggesse meno bene, anzi, scorre molto velocemente. Ma la mia volontà di andare spedita non era inizialmente dovuta all'intrigo che generava, bensì alla scadenza che mi ero imposta per poi passare alle letture successive.

Due i principali difetti che gli trovo, il primo più grave del secondo.

1) I personaggi al centro della vicenda sono antipatici

Nola e Harry sono poco meno che odiosi e, peggio, la loro relazione dà il voltastomaco da quanto è banalizzata alla massima potenza. Ogni frase fra i due gronda pochezza e insulsaggine. Nola è piagnucolosa e debole, quindi alcune delle azioni che fa stonano poi moltissimo con queste caratteristiche di base. E non è sfaccettata, sono proprio cose opposte incollate assieme. Forse per l'età è anche un po' sciocca e il discorso che fa a un certo punto su cosa vuole nella vita è quanto di più maschilista si possa concepire. Si potrebbe obiettare che è il personaggio e non l'autore, ma nessuna posizione successiva indica un pensiero diverso, anzi la ragazza viene idealizzata come desiderabile modello di perfezione. Harry è indeciso e salta da una decisione a quella opposta con facilità estrema. Goldman è la sua fotocopia. Entrambi un po' arroganti e saccenti. Soprattutto all'inizio il narratore è il personaggio più antipatico sulla pagina. 

Va un pochino meglio coi personaggi secondari, che però in certi momenti sono stereotipati. Personaggio preferito: Robert Quinn.

2) La ripetitività 

Alcuni eventi della narrazione sono ripetuti e rivissuti in più modi: raccontati a Goldman dal diretto interessato, poi la scena è raccontata in terza persona, poi gli eventi sono ri-commentati con altri. In certi momenti brani interi si ritrovano in punti diversi del romanzo. E ci credo che poi si arriva a quasi 800 pagine.

I lati positivi restano la buona scorrevolezza della prosa, ma all'inizio stenta ad appassionare appunto, e il modo con cui è congegnato l'intreccio. Molti fili restano allentati fino in fondo, ma non sono dimenticati, li si vede (molte cose sono prevedibilissime) e Dicker non li dimentica per strada. Aspetta solo la fine per tirarli tutti insieme e far tornare tutto. L'andamento lo raffigurerei davvero come un corsetto: allentato, largo in cima e poi serrato alla fine.

La parte che mi è piaciuta di più è decisamente la terza, quando saltano fuori una serie di colpi di scena che ribaltano tutte le prospettive e mettono molto sapore alla vicenda, cambiando anche completamente ritmo.

Cosa mi è piaciuto: scorrevolezza, intreccio ben congegnato

Cosa non mi è piaciuto: personaggi primari da schiaffi, ripetitivo e quasi lento in certi punti, stenta ad appassionare e resta comunque molto al di sotto delle mie aspettative

Giudizio: ⭐⭐⭐

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