giovedì 23 novembre 2023

Il primo libro di Stefano Tura e il suo sequel a distanza di vent'anni

 Da qualche anno seguo le edizioni di Cesenatico Noir, festival della località romagnola che ospita gli interventi di autori che presentano i loro libri gialli, thriller e noir e molto altro. Il direttore artistico e presentatore del festival è il giornalista bolognese Stefano Tura, che è stato per anni corrispondente dall'estero di testate giornalistiche importanti e della Rai.

Nel corso del festival è possibile acquistare e farsi autografare i libri degli autori e molte librerie di Cesenatico partecipano comunque alla manifestazione mettendo a disposizione copie già firmate: è con una di queste copie che ho conosciuto la scrittura di Stefano Tura.

Ho scelto il suo romanzo d'esordio, Il killer delle ballerine, scritto ben 22 anni fa, nell'edizione che conteneva anche il breve sequel scritto nel 2020, L'ultimo ballo. Trovavo interessante poter osservare l'evolversi della scrittura di uno scrittore a circa 20 anni di distanza.


Sono rimasta dunque molto delusa da quanto ho trovato leggendo: lo stesso Tura, al termine del primo romanzo, ammette che non ha modificato nulla nella riedizione del testo, anche se avrebbe potuto migliorarlo.

Nella riviera romagnola all'apice del suo lustro, tra cubiste bellissime di discoteche scintillanti, si aggira qualcuno che toglie la vita ad alcune di loro. Si tratta di omicidi terribili, crudi, raccontati con dovizia di particolari (pure troppo per i miei gusti). Il giornalista Luca Rambaldi si aggira anch'egli sulle scene dei delitti e ottiene il permesso di intervistare l'uomo che era già stato arrestato per quegli omicidi, che però non si sono mai fermati.

Cosa non funziona in questo thriller? 

Non mi piace la scrittura, soprattutto i dialoghi, che sembrano sempre un po' finti e banali.

Questo è il principale problema, ma la struttura non è migliore: il protagonista "fa cose", il killer gli fa minacce che palesemente non attuerà mai perché l'autore l'ha rivestito di una plot harmor spessissima. Più volte ha l'occasione di acciuffarlo, ma Luca gli scappa in modo quasi imbarazzante. Inoltre il killer compie un rapimento che non ha alcun senso e che non gli porta alcun giovamento. Mi è piaciuto così poco che quando ho letto L'ultimo ballo, a distanza di due mesi, nemmeno ricordavo il finale.

Il sequel è molto breve e, dunque, c'è poco margine per giudicare, ma lo stile non sembra cambiato drasticamente e la storia lascia abbastanza a desiderare (l'assurdità del movente è imbarazzante).

Nel sequel si ripetono le stesse dinamiche, compreso il finale, che prevede il colpevole sproloquiare e raccontare la storia della sua vita e le sue ragioni per il tempo necessario a far arrivare la cavalleria. Già. Spoiler: le dinamiche sono precisamente identiche nei due finali e i personaggi non si salvano da soli nessuna delle due volte. 

I personaggi sono gli stessi del primo libro, ma è davvero deprimente vedere quale storia Tura ha scelto per i vent'anni che hanno trascorso fuori dalle pagine. Sono storie triste e per due di loro quasi uguali. Il personaggio di Luca, che era stato l'incredibile eroe del primo libro ha un destino non solo avvilente, ma anche tirato via: non ha lo spazio necessario per chiudere il suo ciclo parlando con gli altri personaggi. Peggio ancora Carmen, che ha un numero di parole pronunciate pari a quelle di una comparsa e non viene spesa nemmeno una parola per la sua situazione alla fine del libro.

I delitti sono solo due, con vittime molto diverse l'una dall'altra, così che non si capisce perché dovrebbero collegarli insieme e perché dovrebbero ricordare ai protagonisti immediatamente i crimini di 20 anni prima. Il passato in cui è ambientato il primo romanzo è rievocato in tono nostalgico.

Un'altra cosa che non mi ha soddisfatta è che in entrambe le storie le forze dell'ordine sono sempre rappresentate in modo negativo, senza appello: è tutto troppo generalizzato, con i cattivi che appaiono cattivissimi e i buoni troppo maltrattati.

Se devo trovare un solo aspetto positivo, soprattutto nel sequel, è l'accento positivo LGBTQ+, anche se buttato un po' lì, come ogni cosa di questo racconto.

Giudizio: banali, scritti male, struttura e moventi poco curati, crudi ⭐

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