lunedì 29 aprile 2024

Da "Se i gatti scomparissero dal mondo" mi aspettavo di più

 Non so se il problema sono io. Non so se è la letteratura giapponese. Non che io e la letteratura giapponese ci frequentiamo proprio così accanitamente, a dirla tutta.

Però, in effetti, tirando un bilancio, non ci capiamo. Questa è la quarta volta (e il terzo autore) che va male. Dopo L'abito di Piume di Banana Yoshimoto, dopo i primi due libri della "Saga del caffè" di Toshikazu Kawaguchi, anche il romanzo di Kawamura Genki, di cui avevo tanto ben sentito parlare, per me si è rivelato un ni.


Se i gatti scomparissero dal mondo
è un libriccino, edito da Einaudi, di 159 pagine + glossario. 

La storia inizia quando un uomo, un postino, scopre di avere pochi giorni di vita. Riceve dunque una visita inaspettata, nientemeno che dal Diavolo, che gli propone il classico patto: giorni di vita in più, in cambio di...? [Spoiler: titoli dei capitoli.]

Si tratta di un libro-riflessione sul senso della vita e delle piccole cose che ci circondano: i film, gli orologi, i cellulari... Ogni oggetto o cosa che il protagonista analizza perché potrebbe perderla diventa spunto di riflessione. Di cosa vale la pena circondarsi? Di cosa invece no? Ogni cosa ha un pro e un contro? Probabilmente sì, tranne una: naturalmente il gatto.

Il protagonista condivide, infatti, con Cavolo una storia molto tenera, che ci verrà svelata a poco a poco (oltre a dirci molto spesso che è così incredibilmente morbido).

Perché non mi è piaciuto questo libro? Fondamentalmente perché l'ho trovato banale. Almeno per me, raccontava quelli che per me sono fatti assodati o cose scontate. Non so se la sensibilità occidentale e giapponese non si incontrano, ma quel che dovrebbe essere un testo profondo, ai miei occhi è risultato solo banalotto e sdolcinato.

Inoltre, non so è la traduzione stessa il problema o se la lingua giapponese è ripetitiva, ma mi hanno terribilmente stonato i continui sostantivi preceduti da "il mio adorato".

Lo stile di scrittura in generale è molto semplice e i personaggi sono appena abbozzati. Come mi era capitato di osservare nella serie "del Caffè", si tratta più di ruoli, di stereotipi, quasi, che di personaggi (o per lo meno li percepisco così, distanti).

Perché, invece, è un ni e non un chiaro no? Anche se molte riflessioni sono state un po' blande e alcuni concetti anche un po' ovvi, per non parlare dell'andamento del libro, palesemente svelato dai titoli dei capitoli (non ho parole!), alcuni spunti di riflessione li ha forniti anche a me.

Il protagonista, per esempio, compila la classica lista delle 10 cose da fare prima di morire e questo ha generato alcune considerazioni slegate dall'andamento della trama, di cui farò comunque tesoro. Dunque qualcosa me lo ha lasciato lo stesso, pur riconfermandomi la stessa sensazione lasciatami dagli altri (pochi) libri giapponesi che ho letto: la straordinaria rivelazione di cui parlano è più vicina alla scoperta dell'acqua calda, che a una sorsata di Acqua della Vita.

Giudizio: ⭐⭐ 1/2

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