martedì 20 febbraio 2024

Il primo libro della trilogia di Holt: solo personaggi coccolosi?

 Holt è il paesino immaginario vicino a Denver, Colorado, creato da Kent Haruf. Da poco ho terminato la lettura di quello che è il primo libro, in ordine di pubblicazione, di una trilogia ambientata in questo villaggio, al centro di una zona rurale, tra aziende agricole e allevamenti bovini.

La trilogia si compone di Canto della pianura (1999), Crepuscolo (2004) e il prequel Benedizione (2013), che in Italia (NN editore) è proposto come primo volume, benché scritto ben dopo gli altri due.

Ho iniziato la lettura da Canto della pianura, poiché, quando si parla di saghe, trovo che leggere prima i prequel possa generare spoiler (sto pensando a Star Wars, sì - vedere la trilogia degli anni Duemila spoilererebbe il più grosso plot twist di tutta la serie originale), mentre tornare nel passato dovrebbe solo approfondire e svelare cose che ancora non so.


La storia è raccontata attraverso il punto di vista di più personaggi. Ci sono Tom Guthrie e i suoi figli, Ike e Bobby, che fanno i conti con lo stesso problema familiare, ma che si appoggiano a persone diverse per superarlo. Guthrie lavora alla scuola superiore, insieme a Maggie Jones, e, mentre lui dovrà sbrigarsela con una grossa bega lavorativa, lei tenterà di aiutare una studentessa in difficoltà, Victoria. Infine ci sono i due fratelli McPheron, scapoli di mezza età, un po' orsi, ma dal buon cuore.

Nella rude cittadina la gente parla, è malevola e i personaggi dovranno farci i conti. Non è specificato il periodo di tempo dell'ambientazione, ma dalla mentalità delle persone si direbbero gli anni Cinquanta (tuttavia è possibile che siano solo rimasti molto indietro, seppur negli anni Novanta: del resto siamo nei bigottissimi USA). I soli indizi sono tecnologici: i cellulari non ci sono, mentre i televisori e i frigoriferi sì.

Lo stile di scrittura è semplice e scorrevole; le tematiche sono quelle di un contesto agricolo degli anni Cinquanta: il sesso (tanto per non sbagliarsi mai - non si parla d'altro nei romanzi americani), tanta solitudine, il lavoro con mucche e cavalli (l'autore dichiara di aver descritto delle scene molto crude a tale riguardo, ma non è stata la mia percezione). In questa solitudine, Haruf si concentra nei rapporti fra personaggi, nella loro solidarietà, nell'empatia verso l'altro.

C'è di più? Per me no. I rapporti sono molto carini, coccolosi; facciamo il tifo per i buoni, così marcatamente staccati dai personaggi negativi: egoisti, bigotti, violenti, sessisti. Il romanzo non è riuscito ad annoiarmi perché sono 300 pagine secche, ma nemmeno a prendermi. Ho cominciato ad affezionarmi ai personaggi non prima del primo terzo della storia. Quando sono riuscita a inquadrarli, allora ho potuto anche apprezzare le vicende ed entrarci un po' di più. Complessivamente l'ho considerato un libro discreto, dunque, ma non ho compreso l'entusiasmo che ha generato.

Giudizio: ⭐⭐⭐ 1/2

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