martedì 30 gennaio 2024

Abboziamola con i libri sugli americani che si sballano: Meno di zero di Bret Easton Ellis

 Si sente spesso lodare una certa letteratura americana che racconta di giovani perduti, che si sbronzano, si drogano e cercano emozioni estreme per uscire dal loro noioso vuoto.

Ho già riassunto il libro di cui sto per parlare, l'osannato Meno di zero di Bret Easton Ellis (Less than zero del 1985, portato in Italia da Einaudi in un libricino di 185 pagine).


Ho faticato non poco a leggermi Il cardellino di Donna Tartt, che già presentava questo problema, per me enorme, ovvero il non rendersi conto, da parte dell'autore, di quanto può risultare noioso per un lettore leggersi pagine e pagine in cui i personaggi non fanno altro che farsi di qualcosa, dall'alcol alle droghe, passando per i farmaci di ogni categoria, e poi restare storditi per altrettante pagine. Fortunatamente per me, in quel romanzo c'era anche altro, come personaggi molto ben costruiti, e il protagonista aveva per lo meno una buonissima scusa, quella di un DSPT con lutto, per giustificare un minimo i suoi comportamenti autolesionisti.

Non è così, o almeno non lo è del tutto, nel libro di Ellis. In questa Los Angeles degli anni Settanta-Ottanta, in cui Clay torna a casa dall'università per quattro settimane di vacanza, tutti quelli che lo circondano non sembrano avere motivi validi per arrivare a distruggersi. E nemmeno lui, tutto sommato. Sono ricchi, spesso con famiglie legate al cinema (padri produttori, madri attrici, etc). La società americana del "tutto si può comprare e tutto è in vendita" è rappresentata nel suo vuoto totale: tutti depressi, soli, annoiati al punto di arrivare a infilarsi in guai molto più grandi di loro o da perdere completamente umanità ed empatia; senza un solo valore, una sola caratteristica positiva che li distingua dalle bestie. A me il tutto ha fatto schifo.

Si può eccepire che fosse l'effetto voluto (e riuscito) dell'autore, ma riguardo allo stile ho comunque da ridire. 

Il racconto è svolto in prima persona dal protagonista, che sui tre quarti del libro si distacca un minimo e sembra provare repulsione almeno per i tre episodi di violenza più estrema che sono introdotti. Tuttavia, pur essendo scritto in prima persona, si tratta meramente dell'elenco di fatti o conversazioni, senza che Clay ci dica mai cosa prova, cosa pensa di fronte al niente che succede. Devo essere io lettore a immaginarmi la profondità del suo pensiero, oppure devo soltanto arrendermi all'evidenza che, pur non condividendo tutto quel che fanno i compagni, non ha niente dentro di sé (come dirà a una sua amica)?

"Io la guardo e non provo niente e me ne vado con il mio gilet."

Questa è la sola affermazione che Clay fa sulle sue emozioni.

Riguardo ai dialoghi, oscillano nella loro qualità: in certi momenti è una sequela infinita di "io dico", "lui dice", "mi dice", "mi fa", "dice...dice...dice..." e non sapevo come continuare in quel nulla cosmico dei dialoghi più noiosi e mal scritti letti nella mia vita. Vedere pagina 9 o pagina 118, così, tanto per fare due esempi sparsi. Sono volutamente scritti così, perché il protagonista è un ignorante (che in teoria sta facendo l'università, ma in effetti, negli USA, se un ricco continua gli studi, in realtà se li sta solo comprando)? Il continuo ripetere che "mi faccio una pista" o "si fa una pista bella lunga" ha un linguaggio poverissimo. Perché? Questo è il personaggio? Se è per adeguarsi al tono dell'opera, allora anche l'opera è poverissima.

E allora, perché a me dovrebbe interessare un personaggio così vuoto e inutile, che rifiuta, ma non troppo, quella vita da stordito californiano figlio di papà, così stanco del nulla, dei familiari e degli amici da non curarsi di altro che delle droghe e di fare giri a caso?

Non parliamo degli amici di Clay, poi. Se è poco caratterizzato lui, figuriamoci la pletora di cortigiani, che sono solo nomi (molti nomi) che fanno cose, spesso poco sensate, se non malvage. Hanno al più dei ruoli e, a seconda di quanto significativo questo, un numero maggiore di pagine, ma li ricordi solo per essere la pseudo-fidanzata, lo spacciatore o il tizio dei soldi. Tutta una serie di Trent, Kim, Alana, etc, non hai idea di chi siano e non te ne importa nemmeno granché, esattamente come non interessa al protagonista.

L'unico personaggio con cui ho empatizzato è il coyote, rendiamoci conto.

Giudizio: la noia⭐⭐

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