lunedì 17 febbraio 2025

Viaggio nella meravigliosa mente di Tolkien: leggere il Silmarillion

 Il professor John Ronald Reuel Tolkien, come ormai tutti sanno, ha dato vita a universi narrativi fantasy di grande complessità e organicità. Tra le sue opere più famose ci sono Lo Hobbit e Il Signore degli anelli, che anche il pubblico mainstream conosce per gli adattamenti cinematografici.


Il mondo di Arda è stato descritto nel dettaglio anche in molti altri testi del professore, modificati e riscritti tante volte nel corso della vita, senza che mai Tolkien riuscisse a farsi pubblicare in un'unica opera tutte le storie relative alla creazione del suo universo e agli scontri fra le sue divinità e i suoi popoli.

Il Silmarillion è questo: una selezione postuma (1977), a opera del figlio Christopher, delle versioni di tutti i testi coi quali Tolkien per tutta la vita immaginò e poi descrisse eventi, luoghi e persone che aveva immaginato per Arda; un puzzle di scritti in epoche diverse (pensati anche come storie a sé stanti in alcuni momenti come Beren e Luthien, Il libro dei racconti perduti, La caduta di Gondolin, I figli di Húrin), che non coincide, dunque, con un'opera narrativa pensata in un unico tempo e che riflette totalmente questa struttura.

I libri sono cinque, totalmente diversi per lunghezza e densità dei contenuti. 

Si parte da Ainulindale, la genesi di Arda: la creazione della Musica e delle divinità, i Valar, da parte di Eru o Iluvatar,. Come in altre mitologie, compare presto il dio non in grado di accettare il disegno dell'Uno, Melkor, analogo a Lucifero quale creatura potente e bellissima, ma oscura, che corrompe il mondo già al momento della creazione a cui contribuiscono tutti i Valar.

Ainulindale e il successivo Valaquenta, che descrive la creazione del mondo e di Valinor, la terra perfetta dove risiederanno i Valar, al di là del mare occidentale della Terra di Mezzo, sono i più elaborati degli scritti. Sono contenuti, ma stilisticamente curati.

Tutt'altra cosa è invece il corposo Quenta Silmarillion, il nucleo centrale e che copre il maggior numero di vicende. Gli eventi coprono due ere, dalla nascita di Elfi (i figli primogeniti di Eru) e successivamente degli Uomini, alla corruzione della perfetta armonia che ragnava a Valinor a opera di Melkor/Morgoth, passando per la creazione delle gemme chiamate Silmaril, che scateneranno la guerra fratricida fra le popolazioni elfiche, nate nella Terra di Mezzo e, alcune, migrate a Valinor e successivamente bandite. Più protagonisti degli Uomini nell'opera sono gli Elfi, origine di molti eventi e molto meno saggi di quel che ricordavo ne Il Signore degli anelli, anzi molto più passionali e, talora, oscuri.

Il nucleo dell'opera, in effetti, sono le storie delle battaglie intraprese contro Morgoth per riprendere i Silmaril. Il lettore, sia pure già introdotto alla Terra di Mezzo dalle opere più note di Tolkien, si perderà fra nomi, eventi e, persino, geografie diverse da quelle che ricordava. Dei molti capitoli presenti nel Quenta Silmarillion, alcuni, come accennato, sono più riusciti, altri meno: l'effetto stilistico è veramente disomogeneo.

Gli ultimi due libri - densissimi - sono Akallabeth, sulla storia del regno di Numenor, e Degli Anelli del Potere e della Terza Era, che racconta la genesi degli anelli di Sauron e dei fatti più vicini a quelli raccontati nelle due opere più famose del Professore.

Il Silmarillion non è un romanzo, è una teologia, una raccolta di miti, un'antologia. Si sente dalla differenza fra le varie parti, alcune più elaborate e raffinate anche nello stile, alcune evidentemente diverse dalle precedenti per stile (e dunque epoca e storia della scrittura). Alcuni brani, addirittura, sembrano in fase di lavoro, quasi appunti delle storie (così tante e varie da meritare una lunghezza anche doppia rispetto al già corposo volume) che sarebbero potute originare da quelle idee embrionali e questo si sente veramente tanto: elenchi di fatti, privi di respiro, di dialoghi, di narrazione (ma chi ha letto Il Signore degli anelli ricorderà uno stile curato e aulico). 

Ne risulta una lettura fatta di alti e bassi: alcuni pezzi scorrevoli, persino pregevoli, altri che è veramente impegnativo leggere. Nella mia esperienza da lettrice ci sono attimi di emozione e sospiri e momenti in cui avrei scagliato il volume fuori dalla finestra. Il tempo di lettura è stato molto dilatato. Mi sono interrotta anche per settimane e oltre prima di trovare il desiderio di tornare a sfogliare le pagine.

L'opera è complessa e costituisce quasi più materiale di studio e approfondimento che non narrativa, tuttavia alcune parti mi hanno presa molto e ritengo che ogni appassionato di Arda debba prima o poi passare attraverso questa lettura per godersi appieno la creatività e il genio di questo autore.

Giudizio: ⭐⭐⭐⭐

domenica 9 febbraio 2025

Un saggio dei fondatori di Tlon per approcciarsi al meravigliarsi e dunque al filosofare

 Maura Gancitano e Andrea Colamedici sono due filosofi, fondatori della realtà Tlon, che cerca di divulgare cultura, filosofia e promuovere riflessione sulla nostra società.

Li avevo conosciuti attraverso il saggio Liberati della Brava Bambina. Otto storie per fiorire che non ho ancora mai portato su nessuna pagina o blog, perché la lettura precede la creazione di questi, ma che potrei in effetti proporre, perché gli spunti all'interno erano molto interessanti.

Ho continuato a seguire questi autori sui loro podcast pubblicati su Audible (Scuola di FilosofieLa Filosofia di Harry Potter) e da ormai molto tempo volevo leggere questo libricino di 133 pagine, Lezioni di meraviglia, che avevo finalmente acquistato allo scorso Salone del Libro.


Un po' perché inserito in una challenge, un po' perché la curiosità mi assetava, ho avuto la pessima idea di leggermelo in una sola giornata. Sono poche pagine e solo nove capitoli, ma è denso di concetti ed idee e non ho potuto che considerarlo una splendida introduzione alla filosofia, un invito a leggere la realtà con occhi diversi e portare la riflessione e gli interrogativi nelle proprie giornate. Lo trovo anche un testo che potrebbe essere fatto leggere a degli studenti delle superiori prima del triennio, del momento in cui cominceranno a studiare questa materia (forse non coglierebbero con pienezza tutto -e io nemmeno- ma sono quasi sicura che si sentirebbero incuriositi e invogliati a iniziare questo percorso).

Il filosofo e l'attività di filosofare nel testo sono presentati come scomodi: il non accontentarsi di prendere il mondo per come viene servito, già confezionato, spinge a fare domande, a volere approfondire e condanna il singolo a rifiutare la comodità e le affermazioni facili, spinge alla ricerca e a camminare, spesso perdendosi.

«Ma forse il cammino [...] non consiste nell'uscire dai labirinti ma nel capire se, dietro e dentro, si nasconda un altro labirinto dove perdersi ancora più profondamente

Il linguaggio è abbastanza divulgativo, ma i concetti introdotti sono molti e ogni capitolo dovrebbe essere assimilato con il dovuto tempo. Mi propongo io stessa di riprendere alcune parti con tempistiche più calme, ma raccomando caldamente a chiunque di cimentarsi a leggerlo, anche (e forse soprattutto) se digiuni di filosofia.

Giudizio: ⭐⭐⭐⭐

Finalmente ho letto Il castello di Otranto

 Non so perché non lo avessi letto al liceo, quando si comincia a studiare il romanzo e ti spiegano che il primo romanzo storico è Ivanhoe (1819) di Walter Scott - che lessi allora con grande piacere - e il primo romanzo gotico è proprio Il castello di Otranto (1764) di Horace Walpole.

Non ne avevo neppure una copia in casa, finché non ho trovato la promozione Newton Compton di quest'estate e ne ho acquistata una che aveva una copertina molto graziosa e suggestiva.


Si tratta di un libriccino di circa cento pagine, che si legge in un pomeriggio autunnale, magari quando fuori piove.

Eppure, in così poche pagine, sono condensati gli stilemi di un genere che sarà fiorente e approfondito negli anni successivi alla sua pubblicazione: ci sono gli elementi soprannaturali, bizzarri e inquietanti, come giganti in armatura e parti di questa che si muovono di vita propria; ci sono maledizioni di famiglia, leggende; ci sono donne vessate e vergini sventurate; infine ci sono storie intrecciate e dalle coincidenze inverosimili, come in molti altri romanzi del periodo, a prescindere dal genere.

La trama ruota intorno a una profezia che aleggia intorno al casato di Manfredi, Principe di Otranto e che pare manifestare i suoi effetti il giorno delle nozze di suo figlio Corrado, amatissimo dall'uomo, quando eventi soprannaturali sconvolgono la cerimonia, con ripercussioni sulle vite dell'altra figlia, Matilda, della moglie, della promessa sposa di Corrado e di un giovane, che giunge al castello come guidato dal destino.

A oggi la scrittura di quest'opera potrebbe apparire un po' datata, almeno per gli espedienti narrativi, i valori, la caratterizzazione abbastanza povera dei personaggi, ma non per ritmo e struttura, quasi da thriller, che avrebbero da insegnare molto a certi scritti moderni.

Io mi sono molto divertita a leggere le trovate, originalissime per l'epoca, di Walpole e l'ho trovata una lettura piacevole, oltre che doverosa per la valenza storica che possiede.

Giudizio: ⭐⭐⭐

Quando NON si deve scegliere il libro dalla coperina: Amore e segreti al Pumpkin Spice Café

"Una persona poteva sopportare solo un certo numero di effusioni interrotte, prima di perdere la testa."

Anche il lettore.

Anche.

Il.

Lettore.

Personalmente l'unica buona ragione che posso indicare per leggere Amore e segreti al Pumpkin Spice Café di Laurie Gilmore (288 pagine, Newton Compton) è il bisogno di tornare a immergersi nelle atmosfere di Una mamma per amica dopo aver finito il rewatch stagionale.


Dream Harbor è infatti la riproduzione su carta della cittadina di Lorelai e Rori, con tanto di feste a tema a cui tutti partecipano con entusiasmo (tranne il contadino imbronciato che nel libro si chiama Logan, ma che pare proprio Luke) e di sindaco impiccione che sembra Taylor.

Logan ha alle spalle un blocco sentimentale quando fa una consegna di zucche alla nuova proprietaria del Pumpkin Spice Cafè - e nipote della prima-, Jeanie, appena arrivata da Boston con un trauma diverso e voglia di ricominciare da capo.

È amore a prima vista (io l'avrei chiamata attrazione, ma per tutto il romanzo mi sembra si confondano le due cose), peccato che i due ci mettano un po' a risolvere i propri dubbi, peraltro forzati a mio giudizio e necessari solo ad allungare in modo noioso e ripetitivo la parte in cui gli eroi si dibattono fra gli ostacoli (tutti nella loro testa) che li separano.

❗ PARAGRAFO SPOILER : I nostri Logan e Jeanie si piacciono dal primo incontro, ma immaginano motivi assurdi per cui non dirselo oppure (siccome capiscono in fretta che è reciproco) decidono di stare insieme, nascondendo la propria relazione. Cosa?! Ma gli statunitensi stabiliscono così a tavolino che stanno insieme, senza essere usciti a cena, essersi chiesti che idee, valori, hobby hanno? Questa coppia non si parla! L'attrazione è meramente fisica: passano subito a baciarsi, interrompendosi mentre cresce la passione perché non vogliono correre se poi il rapporto non dovesse andare oltre. E questo meccanismo si ripete assurdamente più volte. Ma, scusate, fermatevi cinque minuti; andate a cena in qualche paese vicino, uscite tre o quattro volte, chiaritevi a voce cosa vorreste l'una dall'altro e poi decidete se stare insieme o no. Ha senso solo per me questo? Leggere la frase "lei era perfetta per lui" nel contesto in cui è inserita (ma anche avulsa dal contesto) è semplicemente ridicola: Laurie, mi stai dicendo che si stabilisce a letto se qualcuno è adatto a noi?

È un romanzo dalla scrittura semplice, ma dalla struttura e soprattutto dal ritmo carenti (gli manca proprio qualcosa di concreto per far funzionare il rapporto - o mancato tale - fra i due personaggi). Addirittura concentra tutte le scene spicy in un punto, di seguito, come fossero state l'elemento che doveva esserci (e in quel preciso numero) per accontentare il lettore, ma "ehi, non c'è più tempo, buttiamocele tutte ora".

Sono introdotti molti personaggi (tutti ruoli da svolgere, eh, protagonisti compresi e coppie che saranno protagoniste dei prossimi racconti), allo scopo di lanciare una serie che vedrà altri tre romanzi, che sicuramente, non leggerò, anche se avessero copertine più belle di questa.

Giudizio: ⭐ (una seconda ⭐ per la copertina)

La casa disabitata: prova di una neogiallista

 Il romanzo La casa disabitata, pubblicato nel 1875, è un incrocio di generi letterari della scrittrice irlandese Charlotte Riddell, pubblicato in Italia da ABEditore (232 pagine) in un'edizione esteticamente intrigante e curata.


Perché un incrocio? Perché parte come racconto gotico, con una casa infestata da un fantasma, e vira verso il giallo, con un improvvisato detective che cerca di svelare il mistero di River Hall.

Premettiamo subito questo: il genere mistery è ancora agli albori nell'anno di pubblicazione di questa storia. Poe è morto da meno di venticinque anni e Wilkie Collins pubblica La donna in bianco nel 1859 e La pietra di luna nel 1968, romanzi anch'essi ancora ibridi, senza la classica struttura del giallo per come lo conosceremo nell' "Età d'oro". Visto dunque da un punto di vista di questo genere letterario, il romanzo può essere un po' deludente e ritengo sia più soddisfacente considerarlo un romanzo gotico. In questa veste il finale potrebbe lasciare comunque delle perplessità nel lettore, ma si perdona l'autrice con più facilità.

La storia è raccontata dal protagonista della storia, uno dei dipendenti dello studio di avvocati Craven, che si ritrova tra i clienti la giovanissima ereditiera Helena Elmsdale, assistita da un personaggio leggendario (e che da solo merita la lettura del romanzo), la zia Miss Blake. La fanciulla, già orfana di madre, si ritrova a ereditare la bellissima casa che aveva costruito suo padre alla morte di quest'ultimo, in circostanze sospette.

Dal momento di quella morte, tuttavia, nessuno riuscirà mai più ad abitare River Hall a lungo. Sarà Patterson, tuttavia, a voler far luce sul perché la comoda dimora desti tanti problemi a chi vi abita, anche per amore della bella Helena (molto vittoriano, no?).

La scrittura e l'atmosfera del romanzo a me sono piaciuti e l'ho letto tutto d'un fiato, ma sono rimasta tremendamente delusa dal finale: in primis, non me l'aspettavo, perché credevo che il racconto fosse andato in un'altra direzione; inoltre, ci sono proprio elementi che non tornano e sono stati dimenticati dall'autrice. Tuttavia, il libro si legge volentieri, regalando atmosfere piacevoli.

Giudizio: ⭐⭐⭐

Il glicine rampicante è la raccolta di racconti gotici femministi di ABEditore

 L'autrice americana Charlotte Perkins Gilman scrisse a cavallo fra XIX e XX secolo, dedicandosi a temi principalmente femministi, come l'indipendenza economica (e non) delle donne, la depressione post-partum, il divorzio, ma anche, successivamente, l'eutanasia.

Nella raccolta di ABEditore (146 pagine) è stata fatta una selezione di racconti ammantati di gotico, ma, in realtà, tutti con una sfumatura di denuncia sociale.


Il racconto che apre e battezza la raccolta è Il glicine rampicante, una storia di fantasmi molto classica, quasi Dickensiana, se non si nota che il dramma riguarda una ragazza il cui destino viene deciso dal padre. Altrettanto si può dire de La porta incustodita e La torre dei Clifford, apparentemente solo gotici, mentre ho trovato estremamente classico e senza note di femminismo La sedia a dondolo.

Tramite, invece, è un racconto brevissimo che non ha niente di soprannaturale, ma poche pagine bastano per restituire un grande senso di inquietudine. Si parla sempre della condizione della donna, sposata e costretta a posticipare ogni suo desiderio, autoconvincendosi che sia giusto così.

Se fossi un uomo è un racconto particolarissimo, specialmente considerando il periodo in cui è stato scritto, in cui una moglie si ritrova nei panni del marito ed entrambi si influenzano e scoprono nuovi modi di pensare.

Particolare è anche Quando ero una strega, che analizza cosa accadrebbe se i desideri di una donna fossero esauditi.

Mi sono piaciuti abbastanza questi racconti, ma la più straordinaria storia della raccolta è La carta da parati gialla. Questo è anche il racconto più famoso dell'autrice e quello che mi è piaciuto di più in assoluto, avendolo trovato straordinariamente ben riuscito ed efficace nello scopo che si era prefissa Perkins Gilman (spiegatoci in una breve nota alla fine).

In tutti questi scritti la componente psicologica è sempre presente ed è forse la cosa che mi è piaciuta di più nella scrittura, che ho trovato molto moderna per il periodo in cui ha vissuto l'autrice (1860-1935).

Giudizio: ⭐⭐⭐3/4