venerdì 31 ottobre 2025

Cardospina mi ha stupito in positivo: l'urban fantasy che è contro la guerra

Non si può distruggere un atto di distruzione.

Però, si poteva continuare a raccontare.

Comprai usato Cardospina di GennaRose Nethercott (Mondadori, 372 pagine) due anni fa e ho scelto questo mese di ottobre, con l'avvicinarsi di Halloween per leggerlo finalmente. Ero convinta si trattasse di una storia tra il gotico e il folkloristico che rielaborasse le origini di Baba Yaga, cosa che comunque fa, ma iniziando a leggerlo mi sono trovata davanti piuttosto un urban fantasy. L'ambientazione è negli Stati Uniti dei giorni nostri, ma gli eventi sono fantastici, anche se la storia affonda le sue radici in un evento del dicembre 1919. Un ultimo atto da compiersi, un secolo dopo l'evento da cui aveva avuto origine tutto, è quello che affronta questo romanzo, dal forte messaggio pacifista. Non specificherò meglio, ma il tema che tratta è piuttosto delicato.

"Forse, se all'epoca le persone non coinvolte avessero fatto la cosa giusta, le cose sarebbero andate in modo differente."


Bellatine e Isaac Yaga sono gli ultimi discendenti a cui va in eredità la particolarissima casa di Baba Yaga: una casa con piume, penne e due zampe artigliate di pollo, in grado di muoversi. Ma la casa, ribattezzata da Bellatine Cardospina, non è la sola a essere magica. I due fratelli non si vedevano da un po' di tempo e ciascuno dei due nasconde all'altro segreti e sentimenti. L'eredità non solo li rimette in contatto, ma dà anche il là perché intraprendano insieme un viaggio per gli USA, esibendosi come marionettisti, grazie a Cardospina. Il viaggio, tuttavia, si trasforma in una fuga, perché sulle loro tracce (dei fratelli o di Cardospina?) si mette una figura oscura che semina paura e perdite. Quando dall'Europa giunge la casa, compare anche questo misterioso uomo e una scia di strani eventi, tutti connessi a paure e figure di fumo e ombra. Che cosa vuole e cosa vogliano i membri di una squadra che a sua volta lo sta cacciando? E Cardospina perché è una casa vivente? Ha messo le zampe per scappare da cosa? E i due fratelli...anche loro rifuggono qualcosa. Loro stessi?

La narrazione segue filoni e narratori diversi, alcuni in terza, altri in prima persona, ma i diversi fili della storia confluiscono piano piano per risolvere il puzzle della storia. Mi è piaciuto come l'autrice ha scelto di raccontare questa storia e sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla scrittura, che ho apprezzato più di ogni altro elemento. Anche i dialoghi sono molto fluidi. Mi sono piaciuti i personaggi (alcuni sono rispondenti alle esigenze LGBTQ+ del momento); ho sentito solo un po' di stanchezza verso i due terzi del romanzo, quando sono inserite le storie d'amore e il classico litigio-allontana-personaggi che appartengono un po' a schemi pre-impostati che a me personalmente annoiano un po'. Tuttavia quel momento della storia che mi stava facendo un po' sbuffare, in realtà, è fondamentale per il finale della storia e l'ultimo atto è bello e ha un messaggio molto potente, anche se alcune idee su come sconfiggere il cattivo sono -a tratti- tirate per i capelli. Non tutto l'ingranaggio fila alla perfezione, secondo me: quando ci si incammina verso il finale e si comprende contro quale nemico si stanno battendo i protagonisti ci si domanda anche "ma prima dov'era?"

Giudizio: malgrado alcune piccolissime critiche che posso muovergli o elementi che normalmente non apprezzo particolarmente, la storia mi è piaciuta molto, è stata scorrevole e soprattutto mi è piaciuta la penna della Nethercott. Una vera scoperta. ⭐⭐⭐ 1/2

domenica 26 ottobre 2025

L'abbazia di Northanger: confronto romanzo-film

 Ho riascoltato in questi giorni su Audible L'abbazia di Northanger, la prima opera di Jane Austen, che, come gli altri romanzi, lessi tanti anni fa, nell'adolescenza. Confesso che non ricordavo praticamente nulla, a eccezione dell'adorazione della protagonista per I misteri di Udolpho di Ann Radcliffe. Strano come ci si ricordi di certi dettagli. Questo romanzo e Ragione e sentimento sono, probabilmente, quelli dell'autrice che meno ricordo.

L'ascolto è stato molto piacevole perché davvero non ricordavo quanto fosse divertente: la scrittura è frizzante, un costante umorismo descrive in modo serio le incongruenze della società e soprattutto prende in giro i personaggi che hanno una morale fragile. Sotto la penna della Austen l'accompagnatrice alla vita sociale di Bath della protagonista, svampita e interessata solo a come è vestita, Mrs Allen, l'ipocrita amica del cuore Isabella e il fratello di lei, Mr Thorpe, subdolo e fanfarone, sono esposti al ludibrio del lettore. Persino la protagonista è introdotta in modo faceto, con un tono così spiazzante e satirico per una scrittrice Ottocentesca, in un incipit memorabile, da lasciare sorpresi.

"Nessuno che avesse conosciuto Catherine Morland nella sua infanzia avrebbe mai immaginato che fosse nata per essere un'eroina."

E la sua descrizione nei primi paragrafi è altrettanto satirica.

"Una famiglia con dieci figli sarà sempre chiamata una bella famiglia, purché ci siano teste, braccia e gambe nella giusta proporzione; ma i Morland avevano poco altro per essere degni di quell'aggettivo, poiché erano in generale molto brutti, e Catherine, per molti anni della sua vita, brutta come tutti. Aveva una figura esile e goffa, una pelle giallastra e scolorita, capelli scuri e lisci e lineamenti marcati; questo come aspetto fisico; ma non meno sfavorevole all'eroismo sembrava la sua mente.

[...] Tale era Catherine Morland a dieci anni. A quindici, l'aspetto era in via di trasformazione; cominciò ad arricciarsi i capelli e a spasimare per i balli; la carnagione migliorò, i lineamenti si ammorbidirono, quando ingrassò un po' e si fece più colorita, gli occhi acquistarono più vivacità, e la figura più rilievo. L'amore per la sporcizia lasciò il posto all'inclinazione per i bei vestiti, e divenne pulita diventando elegante; ora aveva talvolta il piacere di sentire i commenti del padre e della madre sul suo miglioramento fisico. "Catherine sta diventando proprio una bella ragazza, oggi è quasi graziosa", erano le parole che di tanto in tanto le giungevano all'orecchio; e quanto erano graditi quei suoni! Apparire quasi graziosa, è un complimento che dà molta più gioia a una ragazza che era stata brutta per i primi quindici anni della sua vita, rispetto a qualsiasi altro ne possa ricevere chi è stata bella fin dalla culla."

Catherine Morland, la nostra protagonista, è una ragazza serissima per principi morali e totalmente naïve sulla società e sulle persone: è integerrima, ma sprovveduta, seria, simpatica e totalmente trasparente, tanto da spiattellare, quando ancora muove i primi passi nella vita di società, i suoi sentimenti e da credere alle parole di tutti. Appena arriva a Bath con i coniugi Allen, infatti, è subito preda della scaltrissima Isabelle Thorpe, che intende accalappiarsi il fratello di lei e che è similissima nei comportamenti e nel carattere a Lucy Steel di Ragione e sentimento. Catherine, tuttavia, si innamora fin da subito del reverendo Henry Tilney e scopre di essere simpatica anche al padre del suo beniamino, che la inviterà poi nella tenuta di famiglia, l'abbazia che dà nome al romanzo. Il vetusto luogo e il severo generale Tilney sono così suggestivi, che per Catherine è impossibile non nascondano misteri, ma quali sono i veri segreti e dove risiedono le doppiezze del prossimo sono proprio il tema di questa storia. 

Rileggerlo a breve distanza dal mio secondo incontro con Ragione e sentimento me lo ha fatto nettamente preferire per il tono acuto e scanzonato di L'abbazia di Northanger. L'autrice prende in giro tutto e tutti, compresa la letteratura e i colleghi autori. Questo romanzo è dunque quasi una parodia sia delle storie d'amore, sia dei romanzi gotici, che nutrono la troppo fertile fantasia di Catherine.


Ho poi guardato l'unico adattamento del romanzo (secondo Wikipedia), disponibile su Prime Video, con Felicity Jones che nel 2007 è perfetta nel ruolo della protagonista, con quello sguardo meravigliato che sfiora ogni cosa nuova a Bath con allegra semplicità e una Carey Mulligan totalmente in parte nel personaggio di Isabelle.

Ho trovato il film di Jon Jones una trasposizione incredibilmente aderente alla storia originale (così aderente da stupirmi, fino a iniziare la pellicola con l'incipit del romanzo e a terminarla con la morale finale), molto scorrevole (dura solo un'ora e mezza), con un cast azzeccato e un tono leggero perfetto. Le differenze rispetto al romanzo sono minime, come l'inserimento di una storia collaterale, appena accennata in realtà, alcune "concessioni moderne", ossia un risvolto particolare sul finale della storia di Isabelle e le conseguenze in forma di sogni, fantasie o incubi alle letture di Catherine, I misteri di Udolpho e Il monaco, per l'epoca spaventose e licenziose. Le variazioni sui personaggi di Eleanor Tilney e Isabelle Thorpe sembrano un voler riequilibrare i destini rispetto al romanzo, nel quale un personaggio positivo come Eleanor non sembra ottenere un lieto fine ed esce di scena fin troppo velocemente, mentre Isabelle è punita anche troppo poco per la sua doppiezza.

Giudizio: potrei rivalutare questa commedia di Jane Austen tra i miei preferiti, certo dopo Orgoglio e Pregudizio e Persuasione e il film è delizioso, nella sua semplicità (forse lo dico solo perché è fedele all'originale?).

Viaggio nella Svezia del 1852: Cucinare un orso

 Cucinare un orso (Iperborea, 515 pagine), dell'autore svedese contemporaneo Mikael Niemi, è un romanzo molto particolare. Inizialmente mi fu consigliato come romanzo giallo, ma successivamente ho sentito negare che lo fosse.

Questo ve lo chiarisco subito: è certamente un giallo, ma non classico, bensì storico e "all'italiana", ossia "alla Eco". Mi spiego meglio.


Svezia, 1852. Lars Levi Læstadius (che è esistito davvero, anche se l'opera è di fantasia) è un pastore protestante che fonda un movimento cristiano, chiamato Il Risveglio, contrario alla deriva locale della popolazione, spesso abusante di alcol. Læstadius è un uomo ormai anziano e stanco, severo, ma anche in grado di essere comprensivo e giusto. Adotta nella sua famiglia un trovatello sami, Jussi, discriminato dalla popolazione locale, ma considerato invece dal pastore molto intelligente, tanto da insegnargli non solo a leggere, a scrivere e la religione, ma anche a osservare i dettagli del mondo naturale (Læstadius è anche un famoso botanico) e non solo.

Quando scompare una giovane ragazza a servizio e viene poi rinvenuta qualche giorno dopo, Læstadius e Jussi giungono sul posto prima delle autorità locali e iniziano a osservare la scena, notano alcuni dettagli, che li porterà a diffidare della conclusione a cui giungono il giudice Brahe e il poliziotto. No, non è stato un orso ad aggredire la ragazza, ma contraddire il giudice e sollevare sospetti difficili nella comunità non è possibile, anzi: diventa molto pericoloso, soprattutto per chi già è in una posizione emarginata. La copertina del libro non è casuale e ritengo sia davvero bellissima.

Læstadius e Jussi ci ricordano un po' Guglielmo da Baskerville e Adso e lo sfondo è, come ne Il nome della rosa, uno scontro tra posizioni religiose. La stessa atmosfera, sebbene temporalmente distante, ricorda quel Medioevo che concepiamo come periodo buio, anche se Barbero ci ha ampiamente spiegato che non è così. Le indagini si svolgono in un clima di tensione e si dipanano lente nel corso del romanzo, frammiste a molto altro: uno scorcio socio-culturale sulla Lapponia del 1952, delle differenze e divergenze fra Sami e Svedesi e anche una riflessione teologica.

Mi sono piaciute molto la storia, l'atmosfera e la scrittura, ma alcuni punti sono crudi e ostici. Non si può non restare dispiaciuti e quasi disgustati per alcune pieghe che le vicende prendono, ma anche molto sorpresi dal finale, che lascia comunque un po' di amaro in bocca. Il mio giudizio sul romanzo è molto influenzato proprio da questo.

Giudizio: ⭐⭐⭐ 1/2

Il caso più famoso di Rouletabille: Il mistero della camera gialla

Rouletabille, il giornalista-detective che ha potere di osservazione e deduzione superiore a qualunque ispettore della Sûreté parigina, nato dalla penna di Gaston Leroux, forma assieme all'Auguste Dupin di Edgar Allan Poe e allo Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle un po' il triumvirato dei primi detective agli albori del mistery, ma potremmo aggiungere il Monsieur Lecoq di Émile Gaboriau (anche se in Uno studio in rosso, Conan Doyle denigra, per bocca del suo protagonista, l'operato di Lecoq e Dupin).
Negli anni in cui scrivevano Gaboriau e Leroux, erano particolarmente in voga gli enigmi della camera chiusa, di cui diventerà uno specialista, per esempio, John Dickson Carr. Il mistero della camera gialla (1908) è il tentativo di Leroux sul tema e uno degli esempi più famosi nella storia del giallo.


Mademoiselle Mathilde Stangerson, figlia non più giovanissima dello scienziato Stangerson, insieme al quale lavora presso il castello di Glandier, in Francia, dove si sono ritirati dopo alcuni anni in America, è aggredita nel cuore della notte nella sua stanza. Il padre e un domestico sono testimoni delle grida della donna, chiusa nella sua camera, ma quando finalmente riescono a entrare, non c'è traccia dell'aggressore. Nessuno riesce a spiegare come qualcuno possa essersi introdotto o come abbia potuto fuggire da quella stanza, finché Joseph Rouletabille non riesce a farsi accettare come presenza al castello di Glandier per indagare, insieme a un rivale, il ben più affermato segugio della polizia, Frédéric Larsan.

La lettura è abbastanza scorrevole, un po' lento nelle descrizioni, anche se la mia edizione Newton Compton, usatissima (procurata a Kilolibro e con le 157 pagine in fuga dalla rilegatura), non ha una traduzione delle più moderne. Il punto principale che mi ha contrariata di questo romanzo, ma agli albori del giallo e di questo sottogenere in particolare è una regola e non un'eccezione strana, è che al lettore mancano gli elementi per arrivare alla soluzione. Il colpo di scena finale è l'obiettivo del romanziere, caratteristica propria del feuilleton, a cui i primissimi gialli somigliano molto di più che ai mistery del periodo di Dame Christie. Il punto è che Rouletabille, per comodità narrative, si trova già prima del caso ad aver assistito, in modo totalmente casuale, a scene che gli rivelano delle informazioni preziose e gli elementi cardine per la risoluzione dell'enigma li scopre poco prima di svelarci la soluzione, senza condividerli e rendendoci impossibile sospettare il personaggio giusto. Fino allo svelamento del nome, io sono stata totalmente convinta di un'altra pista e ogni elemento che leggevo mi confermava nella mia idea, ma mancano ancora 21 anni al decalogo di Knox e alla sua ottava regola.


Giudizio
: intrigante, ha quel sapore nostalgico dei gialli di inizio Novecento, ma non soddisfacente per una lettrice di mistery. ⭐⭐⭐

giovedì 23 ottobre 2025

Creature delle selve oscure di ABEditore

Creature delle selve oscure è un'altra delle curatissime raccolte di ABEditore che comprende otto racconti arricchiti di illustrazioni floreali e di creature del sogno e del mito.


La cosa nella foresta
di Bernard Capes mi è piaciuto molto, ha un bel colpo di scena e rimanda alle leggende e alle storie come quelle della bestia del Gévaudan.

L'Alloro di Mary Webb è un racconto quasi mistico, che narra di un legame fra le creature che dimorano negli stessi luoghi.

Compare nella raccolta anche un racconto di azione di Arthur Conan Doyle, Il demone della bottaia, ambientato in un'Africa misteriosa e scenario dell'arrivo di una presenza infestante nell'accampamento dei protagonisti.

Di Gustavo Adolfo Bécquer sono presentati due racconti, entrambi ambientati nelle valli del Moncayo: Gli occhi verdi, piuttosto classico, che vede un giovane di buona famiglia impazzire per gli occhi di una creatura incontrata nella foresta durante una battuta di caccia e Lo gnomo, particolarissimo per la struttura, che descrive la diversa reazione di due sorelle davanti alla stessa creatura misteriosa.

Anche di Hippolyte Sauvage sono inseriti due brevissimi testi: La fata della sorgente, che ha per protagonista una vendetta, e La quercia dei cacciatori, che ha per protagoniste delle creature con comportamenti molto simili a quelli delle baccanti.

Infine, forse il più inquietante della raccolta, ma molto bello, Acauã di Herculano Marcos Ingles de Sousa è a storia dell'influenza di una creatura portatrice di sventure, un leggendario grande uccello nero del Brasile, sulla vita di una famiglia.

GiudizioLa cosa nella foresta, Gli occhi verdiAcauã sono stati i miei racconti preferiti durante questa lettura, ma tutti i testi sono gradevoli e la raccolta è perfetta per l'atmosfera di una sera d'inverno, magari davanti a un bel fuoco.

Tra ritratti di creature del profondo Nord: Uomini e troll di Selma Lagerlöf

 Selma Lagerlöf è un'autrice svedese vissuta a cavallo fra 1800 e 1900, premio Nobel per la letteratura nel 1909 “per l'elevato idealismo, la vivida immaginazione e la percezione spirituale che caratterizzano le sue opere”.

Il mio primo approccio a questa Grande della letteratura è attraverso la raccolta, edita da Iperborea, Uomini e troll (160 pagine).


I racconti di questa piccola antologia sono molto particolari e, secondo me, si possono dividere in due blocchi:

da una parte abbiamo racconti puramente fantastici (come Il bambino scambiato, Il tomte di Töreby, Una vecchia storia di alpeggio, L'acqua di Kyrkviken, Lo spirito servitore) in cui questo mondo nordico e lontano è reso ancora più leggendario dalla presenza di troll e altre creature o oggetti magici o irreali;

dall'altro lato abbiamo una serie di ritratti di persone, reali, che popolano il Värmland, la contea occidentale della Svezia in cui la Lagerlöf ambienta La saga di Gösta Berling: Magister Frykstend o Mathilda Wrede.

Ho preferito soprattutto i racconti fantastici in cui morale e suspense si mischiano per creare delle vere e proprie fiabe.

domenica 19 ottobre 2025

Un'edizione bellissima per un autore misconosciuto: Il grande Dio Pan di Arthur Machen da Ippocampo edizioni

Settantasei anni dopo la pubblicazione di Frankenstein, Arthur Machen pubblicava Il grande dio Pan, insieme al piccolo racconto La luce interiore.


Si tratta di due testi incredibilmente simili, che hanno per protagonista donne misteriose, dai comportamenti e dagli sguardi fuori dal comune e un ambiente intorno scientifico che molto rimanda a quel dottor Frankenstein che sperimentata nel suo laboratorio il confine fra vita e morte.

Il grande Dio Pan è un racconto più ricco e sviluppato, anche se in più momenti del tempo: una presenza accompagna ogni capitolo del libro, pur prendendo forme diverse e il lettore deve arrivare alla fine della storia per poter mettere insieme tutti i pezzi.
L'introduzione a questa mini raccolta di due scritti nel volume edito da L'Ippocampo è doppia: quella dell'autore, scritta in occasione del ventiduesimo anniversario dell'opera, e quella di Guillermo del Toro.

L'edizione offre inoltre ventisei tavole illustrate dall'artista paraguayano Samuel Araya e altri tre racconti: La storia del sigillo nero e La storia della polvere bianca, tratte da I tre impostori, raccolta introdotta nientemeno che da Jorge Luis Borges, e La piramide di fuoco. Al termine del volume è posta la postfazione di S.T. Joshi.
La storia della polvere bianca somiglia ai primi due di questa raccolta, mentre La storia del sigillo nero e La piramide di fuoco sono incentrate su un tipo molto particolare di leggende del folklore britannico, sul piccolo popolo.

Lo stile di Machen è molto suggestivo: tanto quanto è preciso nelle descrizioni di paesaggi, tanto è allusivo nel farti capire cosa si nasconde dietro la storia, senza mai svelarne una realtà concreta e materiale. Credo sia proprio questo tratto ad avermi affascinata tanto e ad avermi fatto apprezzare questi racconti, anche se non sono spavensotosi.

Giudizio: ⭐⭐⭐ 1/2